Cronache

Ratzinger se ne va E inizia il revisionismo sul suo predecessore

Il settimanale Newsweek all'attacco: colpa di Wojtyla se la Chiesa di oggi è attraversata da veleni e scandali

Ratzinger se ne va E inizia il revisionismo sul suo predecessore

La ferita è così epocale, colossale, che ora si guarda anche più indietro. Non solo Vatileaks, non solo gli scandali legati alla pedofilia, non solo il dossier segreto dei tre cardinali sulla «lobby gay» in Vaticano e gli interessi economici poco limpidi (legati soprattutto alla gestione dello Ior) che avrebbe pesato sulla decisione di Ratzinger di dimettersi. Sulla stampa internazionale c'è chi comincia a ricostruire la storia un passo indietro, non considerando più soltanto la posizione di Benedetto XVI: soppesando, insomma, l'eredità lasciata dal suo predecessore. Papa Wojtyla se ne è andato nell'aprile del 2005 e il suo Pontificato è stato uno dei più lunghi, quasi ventisette anni. E ora c'è chi si chiede se quei lati oscuri che oggi piano piano vengono a galla non abbiano maturato e fortificato le loro radici in un periodo più lontano.
A sostenere una posizione politicamente scorretta e decisamente impopolare - in contrasto con la popolarità immensa di Papa Wojtyla - è anche Newsweek. La copertina del settimanale americano è dedicata alla «rivoluzione calma di Benedetto» e a «come la sua uscita trasformerà il Papato»: a occuparsene è lo scrittore Tim Parks, che ha vissuto molti anni in Italia e che sostiene che il gesto sorprendente di Ratzinger vada letto proprio «alla luce del successo e della popolarità straordinaria di Giovanni Paolo II». E non si riferisce soltanto alle dimissioni, ma anche al «tono di tristezza e sconfitta» del Papa e a quelle parole pronunciate sommessamente in latino, «sperando che in qualche modo l'uso di quella lingua morta gli facesse da scudo all'esplosione dei media mondiali». Un contrasto totale. C'è chi ha letto le dimissioni come una manifestazione di debolezza, chi come un atto di coraggio e di responsabilità, di coscienza dell'età che avanza: per lo scrittore, semplicemente, Ratzinger «con un singolo gesto ha fatto di più, per la Chiesa e il Papato, di quanto abbia mai fatto Wojtyla».
C'è di più, oltre alla dissonanza di stile: «Fra i due, il sospetto è che la star polacca sia stato colui che ha fatto il danno, trasformando l'istituzione in un one-man show». Parole durissime. Del resto il tono del lungo articolo, ancora più che dal titolo («L'atto di grazia di Benedetto») si intuisce dal sottotitolo: «Giovanni Paolo II ha lasciato la Chiesa nel caos, ma le dimissioni di Ratzinger ora potrebbero salvarla». Il fatto, secondo lo scrittore, è che l'eredità di Wojtyla sarebbe stata troppo pesante: «Alla fine Ratzinger è stato sopraffatto da tutte quelle cattive notizie che si erano accumulate sotto la reggenza sbarluccicante di Wojtyla». I guai e gli scandali della Chiesa di oggi verrebbero, quindi, da lontano, si sarebbero sommati e alla fine «si può immaginare il senso di fallimento dell'uomo». Cioè Ratzinger, colui che si era accollato il compito di succedere a un Papa amatissimo, anche se lui gli era stato al fianco per anni.
L'idea della spettacolarizzazione del Pontificato da parte di Wojtyla non è nuova: per esempio l'ha sostenuta pochi giorni fa anche Massimo Fini in una intervista proprio sul Giornale, parlando anche della esibizione della sofferenza da parte del predecessore di Benedetto, in nome del principio per cui «dalla Croce non si scende». Parks ricorda il ruolo svolto da Wojtyla in politica internazionale, lui che stava «dalla parte delle riforme democratiche contro il comunismo sovietico».
La battaglia storica per fare crollare la Cortina di ferro. L'impegno in questo senso potrebbe avere distolto altre energie? Secondo lo scrittore il problema cruciale è stato proprio la popolarità: Wojtyla era «un conservatore popolare». Un Papa che, fin dal momento in cui è stato eletto, e poi ancora di più col suo carisma e la sua attrazione sulle folle dei cinque continenti, «ha creato un senso di apertura al mondo, di entusiasmo e di cambiamento, senza avere il bisogno di essere, in realtà, liberale o iconoclasta in alcun modo».

A quasi otto anni dalla sua morte, il suo successore avrebbe tratto le conseguenze e cercato di salvare la Chiesa, «con poche parole in latino, che ci dicono che è un uomo, non il Papa».

Commenti