Renzi ordina: legge elettorale pronta entro il 25 maggio

Braccio di ferro con la Finocchiaro. E scoppia la prima grana, con il M5S che accusa di mafia il "colonnello" Faraone

Renzi ordina: legge elettorale pronta entro il 25 maggio

Roma - Arriva Renzi, e D'Alema lascia: se serviva un evento simbolico per sancire il cambio di fase storica nel Pd, eccolo. Sono parole amare ma realiste, quelle dell'ex premier: «La battaglia politica si fa quando c'è il congresso, e io l'ho fatta per il miglior candidato. Prendo atto del risultato, non parteciperò ad una dialettica che ora ha altri protagonisti di un'altra generazione». Del resto, le stesse parole le usa Matteo Renzi, per dire che «il segnale delle primarie è stato chiaro: una generazione ha chiuso un ciclo e tocca ad un'altra». Ed esclude di candidare D'Alema alle Europee. Nessuna intenzione di «animare correnti», assicura D'Alema: «Presiedo una fondazione culturale, e lunedì partirò per Teheran per parlare di impegni Ue e non di assetti Pd». In verità, spiegano dall'interno dell'area ex dalemiana, è la corrente che si è frantumata tra chi (i Giovani Turchi) vuol partecipare al «ricambio generazionale» a fianco di Renzi, ed era anche pronto ad entrare in segreteria con Matteo Orfini, e chi vuol star fuori e fare la fronda da sinistra, sperando che il neo segretario «vada a sbattere», come dice un bersaniano. Nel mezzo, Gianni Cuperlo, che ha rifiutato («Ma non perché sono eterodiretto da D'Alema») la presidenza dell'Assemblea nazionale, ma ora ragiona su un nome da offrire a Renzi per quel ruolo.

«Dovrà essere una donna», spiega un alto dirigente della passata gestione Pd, «ma non sappiamo chi, ci manca un nome forte». Ieri sera circolava però la candidatura di Goffredo Bettini, gradito sia a Veltroni che a D'Alema e non inviso a Cuperlo. Renzi non è ancora diventato formalmente segretario - succederà nell'Assemblea nazionale di domenica, a Milano - e già la geografia del Pd appare rivoluzionata. E pure gli orari: la prima riunione di segreteria, Renzi l'ha fissata stamane all'alba delle sette, gettando nel panico i partecipanti. E intanto scoppiano le prime grane sulla nuova segreteria: i Cinque Stelle attaccano tutti i componenti della sua «mirabolante squadra», a cominciare dal siciliano Davide Faraone, che secondo loro avrebbe nel 2008 «incontrato persone poi condannate per mafia», dalle cui intercettazioni sarebbe emerso un appoggio elettorale. Faraone risponde tranchant: «Quelle intercettazioni dimostrano il contrario, sono le mie medaglie antimafia».

La vera battaglia, la prima per Renzi, resta però la legge elettorale. «Va tolta al Senato e portata alla Camera, è inutile che resti lì a lievitare come la pizza», dice. Al Senato però c'è la strenua resistenza di Anna Finocchiaro (e degli alfaniani), la presidente della Commissione affari costituzionali vuole che la legge resti lì. Per forzare il suo ostruzionismo, ieri il Pd della Camera ha chiesto e ottenuto di calendarizzare nell'analoga commissione di Montecitorio la riforma del Porcellum, e investito la presidente della Camera Laura Boldrini del problema: dovrà cercare e trovare col suo omologo Pietro Grasso un'intesa. «Entro la settimana si deciderà», assicura il capo dei deputati Pd Speranza. Barricate dalla Finocchiaro: «Ma chi ha detto che la legge non si fa più qui?». Gli replica secco Renzi: «Siamo d'accordo tutti che la legge sia tolta al Senato, compreso Letta». E chiarisce, nella riunione serale con i parlamentari Pd, annunciando un patto di coalizione subito dopo la legge di stabilità e che si ricandiderà a Firenze: «La riforma va fatta prima delle Europee, entro il 25 maggio. Siamo la stragrande maggioranza della maggioranza, la palla ce l'abbiamo noi.

E chi sogna l'inciucio e il proporzionale si rassegni».

Tanto, aggiunge, «i nostri alleati Ncd non hanno potere contrattuale: temono le urne». Stoccata, però, al ministro Saccomanni: «Brinda perché da meno 0,1 siamo passati a crescita zero? È singolare...».

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