Silvio Berlusconi lancia il suo siluro al treno delle riforme ( «La riforma del Senato così come è stata proposta è assolutamente inaccettabile »), ma nel Pd renziano ostentano sicurezza. E liquidano la minaccia come dovuto alle «fibrillazioni » interne a Forza Italia. Matteo Renzi, che pure ieri era a Roma per seguire la fase finale di preparazione del Def, da presentare domani, non ne parla, ma lascia il compito al fido Lorenzo Guerini: «Il Pd non intende entrare nelle beghe interne di Forza Italia e si mantiene sereno e fiducioso sul percorso delle riforme », dice il vicesegretario. «Siamo convinti - prosegue Guerini - che sul Senato l’accordo fondato su quattro punti (assemblea non elettiva, gratis, niente voto di fiducia né di bilancio) tenga, dal momento che pacta sunt servanda . Sul resto, ovviamente, ci si confronta in Parlamento con tutti, senza restare appesi alle fibrillazioni interne al partito di Berlusconi».
Insomma, se FI vuol far saltare il patto sottoscritto al Nazareno lo dica apertamente. Se invece, come pensano nel Pd, si tratta solo di scosse di assestamento interne da campagna elettorale, si andrà avanti come stabilito. Anche perché, argomentano i renziani, «chi può ragionevolmente pensare di fare la sua campagna elettorale mettendosi di traverso sulle riforme e difendendo il bicameralismo e il Senato elettivo, ergo - agli occhi dell’opinione pubblica- la Casta? Non votare a favore sarà difficile per tutti». E se anche lo facessero, e la riforma passasse solo a maggioranza semplice e non «allargata », come auspica anche Napolitano, Renzi ha pronto il piano B. «Peggio per chi non ci sta: si va al referendum confermativo, e noi lo stravinciamo, visto che nei sondaggi il 70% degli italiani è favorevole». Insomma, il premier si troverebbe una campagna elettorale regalata.
Per questo Renzi è convinto che alla fine Berlusconi, «cui certo non manca il fiuto», non si infilerà in una campagna anti- riforme, anche se ora deve tenere buoni i suoi in agitazione contro il ciclone di Palazzo Chigi, da cui temono il saccheggio elettorale alle Europee. In vista delle quali nel Pd c’è guerriglia alla vigilia della formazione delle liste.L’ultimo caso in Sicilia: Beppe Lumia, gran visir della giunta Crocetta in combutta con l’indimenticato Totuccio Cardinale, è giunto alla sesta legislatura al Senato. Sa bene che al prossimo giro Renzi gli farà ciao- ciao, e dunque sgomita per entrare nelle liste Europee. Il segretario regionale Fausto Raciti gli ha però sbarrato il passo. Ora la sua sodale Sonia Alfano (che con lui si infilò nel carcere duro per misteriosi colloqui con Provenzano, che i due spacciarono inopinatamente per «pronto a collaborare»), europarlamentare di Di Pietro rimasta senza partito che la candidi, tenta disperatamente di farsi infilare in lista dal Pd. Solo una settimana dopo aver tappezzato la Sicilia di sue costosissime gigantografie con la sigla dell’Alde, il gruppo liberale Ue con cui sperava di piazzarsi. Oltre al solito Lumia (che ha tentato anche di candidare l’assessora di Crocetta Nelli Scilabra, sua intima amica), la Alfano ha trovato anche come sponsor nazionali la franceschiniana Pina Picierno e il renziano Davide Faraone.
Non tanto per le sue doti personali, quanto per un ragionamento tutto elettoralistico: togliere voti a Grillo, dalle cui file Alfano proviene. Raciti però non ci sta: «La nostra proposta di nomi per le Europee è quella già presentata in direzione», dice.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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