La casella dell'Economia, ancora vacante e di cui Matteo Renzi ha discusso alla Banca d'Italia con Ignazio Visco e poi al Quirinale con Giorgio Napolitano, fino a ieri sera ha rallentato la marcia del nuovo esecutivo. Il premier incaricato si è preso oggi «un giorno di elaborazione» per arrivare nel fine settimana allo scioglimento della riserva, l'annuncio della squadra e il giuramento dei ministri. Con il dibattito sulla fiducia previsto per lunedì al Senato e martedì alla Camera. «Elaborazione» degli spunti programmatici usciti dalle consultazioni, compreso il «documento molto interessante» offerto da Ncd. Ma del vertice di maggioranza per elaborare il «programma alla tedesca», perorato dagli alfaniani, Renzi non vuol neanche sentir parlare: «Io sono allergico ai vertici, se si vogliono vedere si vedano ma io ho altro da fare», liquida brusco la faccenda.
Tant'è che l'incontro degli sherpa, cui si era detto disponibile a partecipare per conto di Renzi il ministro Delrio, è slittato forse - ad oggi. Sia il governatore di Bankitalia che il capo dello Stato insisterebbero per una conferma di Saccomanni all'Economia, e ieri sera dall'entourage di Renzi si faceva sapere che il premier incaricato avrebbe pronta una rosa di nomi nella quale spiccava, per la soddisfazione degli interlocutori, quello Guido Tabellini, ex rettore della Bocconi e molto stimato anche sul Colle, nonchè in ottimi rapporti con Giulio Napolitano, figlio del presidente.
Agli Esteri c'è il caso Bonino: Renzi avrebbe voluto sostituirla con l'attuale vice, Lapo Pistelli. «Certo non aiutano le raffiche di insulti che Pannella fa piovere da settimane contro Matteo, sembra quasi che sia lui a volerla far saltare», osserva un esponente Pd impegnato a difendere la ministra radicale. La quale ha però dalla sua un atout che il premier incaricato non sottovaluta per nulla: «Dei ministri di Letta è l'unica che in qualunque sondaggio è in testa al gradimento degli italiani, toglierla dal governo sarebbe una mossa impopolare», ragiona uno dei tessitori renziani. Senza contare che è pure donna, e che Renzi vuole una squadra al 50% rosa ma i nomi femminili spendibili non sono così numerosi. Mentre Renzi è totalmente assorbito dal complicato compito di far quadrare il rebus del governo, in casa Pd ribollono malumori e scontri sotterranei. Lo stesso segretario ieri è dovuto correre ai ripari, smentendo seccamente il suo futuro successore a Firenze, Dario Nardella. La cui uscita sul Pd («I tempi sono maturi per non chiamarci più partito, ma soltanto Democratici») aveva mandato su tutte le furie mezzo partito, ex Ds in testa. «Benissimo lo ha fulminato Ugo Sposetti a Nardella i Democratici, a noi il Partito». Alla fine il segretario ha dovuto bloccare un dibattito che minacciava di tracimare: «Per quel che mi riguarda il Pd non deve cambiare nome. Punto».
Renzi però sa bene che, al di là delle battute sul nome, la questione non è chiusa. Ieri Massimo D'Alema ha smentito di averlo incontrato per perorare la causa del ministro della Cultura Massimo Bray, ma che i due si siano quanto meno sentiti è vero. Solo che l'argomento era un altro: il partito, appunto. Con Renzi e i suoi uomini al governo, la baracca Pd rischia di andare alla deriva, e D'Alema pensa sia arrivato il momento di redistribuire i compiti, ridando spazio agli ex Ds.
E anche Walter Veltroni, in un colloquio di questi giorni ha
messo in guardia Renzi: non devi mollare il Pd, è stato il ragionamento dell'ex leader, perché il rischio è che si torni a votare presto, e «quella è la macchina che può farti vincere. Ma devi avere in mano tu il volante».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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