A rischio i fondi Ue per l'Emilia: terremotati usati come ostaggi

C'era una volta in Europa la solidarietà. Quella considerata da De Gasperi, Spinelli e Adenauer, i padri fondatori dell'Unione, il collante fondamentale per cementare l'aggregazione tra i Paesi. Adesso, nell'Europa del debito e degli egoismi di bottega, questo principio è diventato pura merce di scambio. Capita così che lo stanziamento da 670 milioni di euro, destinato alle popolazioni colpite dal terremoto in Emilia-Romagna, sia finito ieri nel trita-rifiuti delle convenienze economiche. O, peggio ancora, tenuto in ostaggio dagli interessi politici ed elettorali.
Ecco quindi l'Ecofin, nel format riservato ai rappresentanti degli Stati presso l'Ue, mettere in scena un pasticciaccio brutto al momento di discutere il bilancio 2013 e due bilanci rettificativi per il 2012. In uno di questi sono compresi i fondi riservati alla ricostruzione emiliana; nell'altro, la Commissione Ue batte cassa per ottenere nove miliardi, di cui 1,8 per l'Italia. Il motivo è presto detto: con l'austerity che ha bussato anche alla porta di Bruxelles, in saccoccia non c'è un centesimo. Mancano i quattrini per la ricerca, quelli per finanziare il programma Erasmus e per sostenere i progetti di coesione. Peggio: non ci sono nemmeno i soldi per pagare le bollette.
Richiesta dunque legittima. Tanto più che - calcolatrice alla mano - la cifra da reperire è pari a 5,9 miliardi, dal momento che 3,1 miliardi sono garantiti dalle multe appioppate dall'Antitrust. Eppure, c'è chi dice no. I soliti noti, verrebbe da dire: Gran Bretagna, Germania, Olanda, Svezia e Finlandia. A Londra, che suggerisce di pescare nei «rimasugli» del bilancio 2012, la Commissione Ue replica secca: il fondo del barile è già stato raschiato. L'alternativa: diminuire l'importo richiesto, caricandolo sul bilancio di quest'anno, e spalmare su quello successivo la quota residua. Ma il quintetto s'impunta: senza una rettifica ai nove miliardi, non se ne parla. E se non si scioglie questo nodo, anche i fondi per il sisma rimangono congelati. Un ricatto bello e buono. In serata è rottura, con i lavori Ecofin aggiornati a martedì prossimo. Anche se, in extremis, dal cilindro sembra uscire la soluzione per i nostri terremotati: le risorse verranno prese dal bilancio 2013. Entro quanto? «Al più presto possibile», spiega il Consiglio Ue. Peccato però che l'accordo sia scritto sull'acqua. L'intesa, precisa il Consiglio, «sarà finalizzata nell'ambito dell'accordo complessivo» sul bilancio 2013. Ovvero, proprio sul punto che ieri ha provocato il rompete le righe.
Comunque la si voglia vedere, una giornata disastrosa. Prendete la Gran Bretagna: David Cameron è atterrato a Bruxelles con ancora i segni del doppio schiaffone rimediato una settimana fa dai conservatori e da una frangia laburista. Un'insolita alleanza, per un unico ordine: «Tagliare i fondi Ue». Giusto per meglio cavalcare, in vista delle elezioni 2013, il sentimento anti-europeista che nell'isola monta come una marea. Poi c'è Angela Merkel, la recordwoman del nein ai tempi della crisi. Mano a mano che anche in Germania si avvicinano le urne, la Cancelliera ha come un'emiparesi appena si parla di soldi. Bene: così la vuole buona parte dell'elettorato, secondo cui la Solidarität si mostra a giorni alterni. Come le targhe. Così piace alla Finlandia, sempre pronta ad accodarsi dietro a Berlino. Quanto alla Svezia, sembra aver scoperto il brivido del «no» dopo essersi messa di traverso per impedire l'attribuzione alla Bce dei poteri di super-vigilanza. Infine, lezione di economia dall'Olanda.

«Niente flessibilità - ha tuonato il ministro delle Finanze, Jeroen Dijsselbloem -. Abbiamo preso misure drastiche, il bilancio europeo non può aumentare». Strano: non ci eravamo accorti che l'austerity avesse colpito solo i campi di tulipani.

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