Rivoluzione americana: nozze gay, vietato vietare

«And the pursuit of happiness», e il diritto a cercare la felicità. Così sta scritto nella dichiarazione d'indipendenza americana dopo aver affermato il primo diritto, quello alla vita, e il secondo diritto, quello (...)

(...) alla libertà: non il diritto alla felicità, che non esiste, ma il diritto a lottare per averla. «Viva l'amore», ha giustamente commentato Obama e ha ragione: l'amore rientra nei diritti costituzionali del Nuovo Mondo.
È stata una decisione di sinistra o di destra? I nostri parametri non contano. La Suprema corte è notoriamente conservatrice, dunque di destra secondo i nostri standard, ed eccoci dunque di fronte a un tipico paradosso americano: una Suprema corte conservatrice, in nome della conservazione dei sacrosanti diritti dei cittadini dell'Unione, vota una legge che non soltanto autorizza i matrimoni gay, ma dichiara illegale limitare i matrimoni alle coppie formate da un uomo e una donna, perché l'amore fa parte della vita comunque e fra chiunque si manifesti, sicché è protetto dal diritto costituzionale della ricerca della felicità. Noi europei in genere non siamo abbastanza elastici e smaliziati da afferrare il senso etico della rivoluzione americana che ancora seguita a compiersi, malgrado i due secoli e quasi mezzo passati dalla esaltante riunione di Philadelphia.
E così in Europa siamo tentati di considerare questa notizia come un atto «liberal» cioè di sinistra, dedicato ai soli diritti dei gay. Ma a voler essere sottili e a voler seguire il filo storico della rivoluzione americana ciò che è stato stabilito ieri è un po' diverso: è stata infatti stabilita l'illegittimità di una limitazione. Cosa un po' diversa dall'affermazione di un nuovo diritto. La limitazione colpita dalla Suprema corte è quella che esclude dal diritto alla felicità le coppie non formate da uomo e donna.
La Corte suprema è composta da signori e signore poco inclini al disordine e alle bizzarrie, ma che proprio per questo hanno deciso di emettere un verdetto che non rende legittima un'eccentricità, ma rimette in libertà una condizione umana che finora aveva sofferto una limitazione. In Europa, in genere, il riconoscimento del diritto per i gay di unirsi in matrimonio trova un ostacolo nei conservatori che considerano la condizione omosessuale una perversione. La Suprema corte americana non si è nemmeno posta un tale antiquato problema ma ha ribadito che ogni cittadino ha diritto a vivere come vuole finché non limita la libertà altrui e nessuna legge può mettersi di traverso sul suo diritto di «pursuit of happiness». La Corte è stata chiamata ad esprimersi nel caso della California, lo Stato più popoloso e più emancipato, il più giovane, il più lontano dall'Europa e dalle convenzioni.
Convenzioni che finora avevano avuto il loro punto di forza nel Defence of Marriage Act, la legge di difesa del matrimonio fra uomo e donna che stabiliva l'unicità della coppia eterosessuale. Quell'Act è ora decaduto. Paradossalmente, un simile criterio costituzionale sorregge il secondo emendamento che autorizza il cittadino a portare armi, proprio perché è prevista la legittimità della difesa del singolo anche di fronte all'arroganza del potere. Tutti oggi negli Stati Uniti e nel mondo sono arrabbiati e preoccupati per le stragi causate dalla diffusione incontrollata delle armi. Ma tuttora prevale - persino sul buon senso - la difesa di un principio. Obama al massimo è riuscito a limitare la vendita dei mitra e altre armi automatiche, ma non delle pistole e dei fucili perché i conservatori americani non se la sentono di abrogare un principio costituzionale, così come ora non si sentono di abrogare un principio costituzionale ripristinato dalla corte con l'abolizione del Defence of Marriage Act.
Del resto, giusto ieri l'altro è stata molto criticata un'altra decisione della Corte suprema: quella che dichiara conclusa l'esistenza di una legge di quasi mezzo secolo fa, il Voting Rights Act che fu concepita da Kennedy e attuata da Johnson per impedire che negli Stati più razzisti dell'Unione si facessero leggi elettorali che escludessero gli afroamericani e altre minoranze. Tanto ieri ha gioito Barack Obama per la legge a favore dei matrimoni gay, quanto ieri l'altro è rimasto deluso e amareggiato perché convinto che il Voting Rights Act risponda ancora alla necessità di combattere il razzismo.
Naturalmente ieri sono esplose manifestazioni di gioia in tutte le comunità dei gay americani. E tuttavia la decisione della Corte suprema di per sé non rende operative le sue conseguenze in tutti gli Stati, salvo che per la California che aveva provocato l'investimento della Corte suprema, ma costituisce l'affermazione di un principio costituzionale cui tutti i singoli Stati sono invitati ad aderire prendendo semplicemente atto della sentenza. Con due sentenze una dietro l'altra di segno apparentemente opposto - diremmo noi una di destra e una di sinistra - la Corte suprema ha mostrato e dimostrato ancora una volta la permanenza e la vitalità di una Costituzione che dalla seconda metà del diciottesimo secolo è all'avanguardia nel mondo in fatto di diritti civili dei singoli cittadini indipendentemente dal colore della loro pelle, dal genere, dalla religione e dalle condizioni sociali.

segue a pagina 13

Morelli alle pagine 12-13

di Paolo Guzzanti

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