Una rivoluzione sul lavoro: ora l'azienda ti ridà la vita

Una rivoluzione sul lavoro: ora l'azienda ti ridà la vita

Conosciamo tutti lo stress legato a quella vibrazione dello smartphone che ci annuncia l'arrivo di un'ennesima e-mail di lavoro, oltre il tempo massimo: durante una cena, al cinema, in palestra, dal parrucchiere, la domenica mattina al parco. «Negli anni Trenta, l'economista John Maynard Keynes ha predetto che la tecnologia moderna avrebbe dato ai lavoratori più tempo libero - scrive la rivista americana The New Republic - In realtà, sembra aver dato ai capi più modi d'interrompere le vacanze dei loro impiegati e i loro giri al pub». È accaduto però qualcosa, in questi giorni, in Francia. Due sigle sindacali, CFDT e CGC, dopo settimane di negoziati hanno firmato un accordo con società dell'industria high tech che argina l'invio e la ricezione di e-mail di lavoro dopo le 18. La stampa anglosassone ha ricevuto la notizia con una certa ilarità e la riproposizione di qualche cliché: «Niente e-mail dopo le sei, siamo francesi», è uno dei tanti titoli apparsi accanto a immagini di uomini e donne abbronzate su sdraio a bordo piscina. In realtà, l'accordo riguarda soltanto 250mila lavoratori che non seguono lo schema francese delle 35 ore settimanali e non vieta di rispondere a e-mail aziendali dopo l'orario di lavoro, come scritto da parte della stampa internazionale, bensì non rende penalizzabile chi decide di disconnettersi per qualche ora.
Si è rafforzata negli anni una campagna per ridare all'impiegato brandelli di vita privata. Il primo Paese a sperimentare la disconnessione istituzionalizzata è stato la Germania, dove la gestione della posta elettronica dopo l'orario d'ufficio è conteggiata dalla BMW in busta paga e i funzionari del ministero del Lavoro non sono tenuti a rispondere a comunicazioni aziendali nel loro tempo libero. Nel 2011, Volkswagen ha confermato di aver iniziato a bloccare la posta aziendale sui BlackBerry degli impiegati - non dei manager - 30 minuti dopo l'orario di lavoro per riattivarla la mattina, 30 minuti prima dell'arrivo in ufficio. E sempre in Germania, lo stesso anno, i vertici di Persil, produttore di detersivo, hanno annunciato «un'amnistia delle e-mail» per il proprio personale da Natale a Capodanno.
Le sperimentazioni tedesche, non ancora testate dall'altra parte dell'Atlantico, avrebbero evitato in America, alla città di Chicago, un lungo processo. A febbraio, un procuratore distrettuale dell'Illinois stava ancora gestendo il caso del sergente di polizia Jeffrey Allen che nel 2010 ha fatto causa alla città di Chicago: esige che gli siano pagati gli straordinari per il tempo passato sul suo BlackBerry quando non era in servizio.
L'Europa può sembrare in vantaggio nella campagna per riprendersi il tempo libero. L'esperimento svedese della città di Göteborg, che ha accorciato ad alcuni funzionari pubblici la giornata lavorativa a sei ore, mantenendo la stessa busta paga, ha però origini lontane e americane. Durante la Grande Depressione, ricorda il sito dell'Atlantic, l'industria di cerali Kellogg's limitò a sei ore l'orario di lavoro degli operai della fabbrica di Battle Creek, Michigan. I risultati furono positivi: la compagnia assunse centinaia di persone, i costi di produzione diminuirono e aumentò l'efficacia dei lavoratori. Alcuni esperti, però, temono oggi che accorciare la giornata a sei ore - consecutive - possa avere effetti indesiderati sull'efficienza degli impiegati. È difficile inoltre cambiare abitudini radicate. In molti Paesi, infatti, uscire dall'ufficio puntuali e non accumulare ore infinite di straordinario è giudicato negativamente.

Il 12% dei lavoratori britannici, per esempio, lavora 50 ore a settimana e non segue l'esempio del ragionier Fantozzi, per il quale ogni giorno alle 5 in punto «l'uscita della sera aveva lo stesso rituale della partenza dei cento metri di una finale olimpica».
Twitter: @rollascolari

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