San Siro, c’è il via libera. Sala vince la battaglia ma perde la maggioranza. I Verdi pronti all’addio: "Nulla più come prima"

Imbarazzo nel Pd dopo l’aiuto di Forza Italia al sindaco. Critiche anche dalla Lega e da Fratelli d’Italia

San Siro, c’è il via libera. Sala vince la battaglia ma perde la maggioranza. I Verdi pronti all’addio: "Nulla più come prima"
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Il via libera alla vendita di San Siro e delle aree a Milan e Inter arriva dal Consiglio comunale di Milano alle 3 e 44 di ieri notte, dopo una seduta fiume di dodici ore stoppata da un emendamento «tagliola» del Pd. Una furbata che scatena la furia del centrodestra e dei «ribelli» nella maggioranza del sindaco Beppe Sala. «Da domani niente sarà più come prima» tuonano i Verdi, che nei prossimi giorni valuteranno anche l'uscita dalla coalizione. L'affaire San Siro passa con 24 voti a favore, 20 contrari (7 sono di sinistra) e due consiglieri non partecipano («avrei voluto votare no e mi dimetto da capogruppo della Lista Sala» precisa subito Marco Fumagalli). Si è aperta una resa dei conti a destra e a sinistra. Sala non aveva i 25 «sì» per la maggioranza assoluta ma l'aiutino è arrivato da Forza Italia: per non bocciare il piano e abbassare il quorum, tre eletti su quattro sono usciti dall'aula. «La nostra responsabilità verso la città ci impone di evitare che Milano venga paralizzata da contrapposizioni ideologiche o da calcoli politici» è la linea dettata ancora prima che iniziasse la seduta dalla presidente della Consulta nazionale di Fi Letizia Moratti. Lega e FdI votano contro. «É stato sbagliatissimo rompere l'unità del centrodestra, quasi a dire preventivamente e vantandosene, siamo solo noi quelli che vogliono il nuovo stadio. La coalizione stava ancora discutendo - ha contestato ieri il presidente FdI del Senato Ignazio La Russa -. Il voto dimostra che la maggioranza di Sala non c'è più». Anche per il leader Matteo Salvini la Lega «è stata coerente e Fi ha sbagliato e mi dispiace. Ma non è questa scelta a mettere in discussione il centrodestra». Chiude la polemica il segretario nazionale di Fi Antonio Tajani: «Ognuno ha la sua opinione, è una scelta giusta per Milano che deve andare avanti, sennò rischia di essere bloccata». Toni più soft rispetto alla vice della Lega Silvia Sardone («noi non saremo mai la stampella di Sala») o del coordinatore lombardo di Fi Alessandro Sorte che proprio a Sardone aveva replicato: «Se in consiglio comunale per amministrare o per urlare? La Lega è salita sulla Flotilla con una parte del Pd e Avs, naviga verso il baratro». Sala guarda il bicchiere mezzo pieno: «Voglio essere un filo cinico, conta il risultato, tra poco nessuno si ricorderà se è passato con 24 o 25 voti ma metteremo tutti la testa sul nuovo stadio». E «non mi scandalizzo se Fi partecipa. Ci sono tante materie su cui bisognerebbe avere la capacità di lavorare di più insieme. Il tema dell'urbanistica si può risolvere se si lavora a Milano o a Roma», il salva Milano è naufragato ma «che manchi una legge adatta ai tempi, è vero». Il segretario milanese del Pd Alessandro Capelli invece non nasconde l'imbarazzo e accusa velatamente Sala: «Colpisce e rammarica la scelta del capogruppo della lista del Sindaco di non dare i numeri alla maggioranza. Siamo sempre stati chiari, nessun accordo con il centrodestra. Qualche giorno fa Moratti aveva proposto un accordo con il Pd al quale abbiamo risposto chiaramente: 'no grazie'».

Il nuovo stadio da 71.500 posti (13mila premium) sarà firmato da Foster e Manica e Milan e Inter con una nota assicurano che non farà rimpiangere il Meazza: «Sarà una nuova icona architettonica per Milano e simbolo nel mondo».

C'è da correre per evitare la data-incubo del 10 novembre quando scatterà il vincolo sul secondo anello. «Entro ottobre - anticipa il presidente del Milan Paolo Scaroni - firmeremo il rogito e verseremo i primi 73 milioni» dei 197 totali.

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