Scajola sentito per sette ore: verbale segretato

Il legale dell'ex ministro: "È sereno. Non gli è stato contestato alcun nuovo capo d'accusa"

Scajola sentito per sette ore: verbale segretato

Milano - È durato quasi sette ore l'interrogatorio dell'ex ministro Claudio Scajola nel carcere romano di Regina Coeli. L'ex ministro, che per i pm antimafia di Reggio Calabria sarebbe al centro della presunta spectre affaristico-mafiosa per il favoreggiamento della latitanza dell'ex deputato Amedeo Matacena assieme agli altri indagati eccellenti coinvolti nell'inchiesta «Breakfast», dallo stesso Matacena alla moglie Chiara Rizzo (che verrà estradata in Italia solo la prossima settimana), dalla sorella dell'ex ministro Maria Teresa Scajola ai figli di Amintore Fanfani, Giorgio e Cecilia. Al sostituto procuratore nazionale antimafia Francesco Curcio e al pm della Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, che stanno coordinando l'inchiesta e che hanno chiesto di secretare l'interrogatorio, l'ex ministro avrebbe risposto a tutte le domande e chiarito i fatti che gli sono stati addebitati. Al Giornale uno dei suoi avvocati, Giorgio Perroni, spiega che «Scajola è sereno, la famiglia è con lui. Aspettava con ansia di poter spiegare tutto, i pm ci hanno consentito di svolgere l'interrogatorio in un clima sereno» ma nega la voce che si sia parlato dei dossier sequestrati nelle perquisizioni dei giorni scorsi: «Ma quali dossier?». L'altro legale, Elisabetta Busuito, spara a zero su alcune indiscrezioni di stampa che vorrebbero l'ex titolare al Viminale indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, lo stesso reato di cui sono accusati Matacena e l'ex senatore di Forza Italia Marcello Dell'Utri. Si tratta di un capo di imputazione che in gergo tecnico si definisce «fluido» ma che difficilmente arriverà a processo, come conferma Perroni: «Nessun nuovo reato è stato contestato nei confronti dell'onorevole Scajola durante l'interrogatorio reso oggi dallo stesso ai magistrati». I due avvocati starebbero presentando anche un ricorso contro l'arresto: «Ma non possiamo aggiungere altro».

Adesso l'obiettivo dei pm è ottenere dal Riesame l'aggravante della «mafiosità» del presunto sodalizio, bocciata dal gip: ecco perché l'inchiesta potrebbe allargarsi ad alcuni personaggi politici già coinvolti in passato in alcune inchieste di 'ndrangheta e presenti nelle carte raccolte nel filone principale dell'inchiesta, dove si collegano i boss calabresi ad alcuni colletti bianchi milanesi e a esponenti politici di centrodestra.

In serata si smonta invece la bufala dell collegamento tra l'arresto di due poliziotti a Napoli, considerati vicini ai Casalesi, il filone milanese di Expo e il ruolo dell'ex ministro dell'Interno. Uno dei due agenti finiti ai domiciliari, che lavorava presso la presidenza del Consiglio, sarebbe in contatto con molti politici, ai quali forniva informazioni riservate. Ma non sarebbe lui la talpa che ha avrebbe fornito notizie agli indagati di Expo né tantomeno alla presunta lobby cui danno la caccia i pm antimafia di Reggio.

Ma sui presunti abusi degli agenti della scorta di Scajola, su cui indagano la Questura di Imperia e il Viminale, torna Daniele Tissone, segretario del sindacato di polizia Silp-Cgil: «Non si possono colpire i soli anelli deboli della catena».

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