«Non ci faremo dettare l’agenda da Pd e Udc. Siamo leali a Monti ma lo faremo con la schiena dritta». Nel day after dello strappo con il governo, il Pdl si riunisce a Orvieto per la prima giornata della Scuola di formazione politica. Con Angelino Alfano che ribadisce la scelta di non presentarsi al vertice di maggioranza di mercoledì e il Cavaliere che per molti versi «aleggia» negli interventi che si succedono davanti a una sala con qualche posto libero. D’altra parte, i toni e i ragionamenti di buona parte degli oratori non nascondo che il Pdl è un partito in fase di «transizione». E se diverse sono le analisi sulle ragioni che hanno portato alla fine il governo Berlusconi a fare un passo indietro, diverse sono anche le ricette per il futuro.
Di certo, però, c’è che a Orvieto il partito prova a ricompattarsi dietro un Alfano che non esita a dire che, seppure «la lealtà a Monti non è in discussione», il Pdl non farà sconti. È stata giusta, insomma, la scelta di non partecipare al vertice di maggioranza con Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini perché in agenda c’erano «temi surreali» e non certo le questioni economiche per le quali «questo governo è stato chiamato ad operare». Una linea che piace ai dirigenti di via dell’Umiltà, non solo agli ex An da sempre molto freddi verso Mario Monti (da Ignazio La Russa a Maurizio Gasparri passando per Massimo Corsaro) ma anche agli ex Forza Italia. E che - quantomeno sotto un profilo tattico - promuovono anche ai sondaggisti. Secondo Nicola Piepoli la mossa di Alfano è «un’indicatore forte di vitalità» che «di certo sarà stato apprezzato da buona parte dell’elettorato Pdl» e che «in qualche modo ha marcato un confine». Parla invece di «colpo di reni» Renato Mannheimer, anche se - spiega - è «presto per valutare un eventuale effetto elettorale di questa mossa», che comunque «sarà stata interpretata come un segnale di autonomia».
Ed è questo il punto. Perché è chiaro che il Pdl, come dice anche Alfano, sta pagando «un prezzo alto» per il sostegno a Monti. E quindi il segnale dato facendo saltare il vertice di maggioranza è anche un modo per battere un colpo e non dare la sensazione di essere succubi del governo. Ora il punto è capire se, come e quando - dopo lo strappo - i segretari di Pdl, Pd e Udc torneranno a riunirsi per parlare di riforme istituzionali. Su un nuove vertice pesa non solo il forfait di Alfano ma anche il fatto che nel Pdl in molti (La Russa per esempio) sono scettici sul dare il via ad una fase costituente.
Forse per questo il segretario del Pdl lancia l’dea di «una grande sessione» sulla giustizia dove si affronti il ddl anticorruzione, le intercettazioni, il giusto processo e la riforma costituzionale. «Noi - dice Alfano - chiamiamo sia Pd che Udc in questa sessione perché se ne parli in campo aperto».
Un Pdl che però s’interroga sul futuro. Con un Berlusconi che pur essendo a migliaia di chilometri, impegnato in una tre giorni con Vladimir Putin, resta ad aleggiare. «Se uno storico parlerà di questo periodo - dice Gaetano Quagliariello - parlerà degli anni di Berlusconi che per quel che ci riguarda è stato il perno della nostra esperienza collettiva, colui il quale con la sua epifania ha detrminato tanti destini individuali». Fa un passo oltre Fabrizio Cicchitto, perché «finora siamo vissuti trainati dal carisma di Berlusconi» e «oggi questo carisma c’è ma è attenuato e dobbiamo compensarlo con la costruzione di un partito degno di questo nome».
Ricominciare dal Pdl e creare una struttura forte, spiega La Russa, perché «siccome il vento ci soffiava sempre alle spalle e quel vento si chiamava Berlusconi, non siamo abituati a condizioni difficili». E chissà se domani, come previsto da programma, il Cavaliere si presenterà davvero a Orvieto oppure - appena rientrato dalla Russia - si limiterà a una telefonata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.