È una Rai schizofrenica quella che è andata in scena nella giornata di ieri. L'Usigrai va verso la sospensione dello sciopero proclamato per l'11 giugno pur restando intatto il mandato all'esecutivo di proclamare lo sciopero in futuro.
Una decisione emersa dopo le assemblee che si sono svolte in tutte le redazioni d'Italia e che verrà formalizzata oggi. Giusto in tempo, cioè, per rispettare i cinque giorni di preavviso in caso di sospensione o disdetta di uno sciopero già proclamato. L'esecutivo Usigrai chiede che si apra un tavolo di confronto e lo fa attraverso la diffusione di una nota: «La presidente della Rai, Anna Maria Tarantola, ha posto in Commissione di Vigilanza uno dei temi cardine: per fare un nuovo piano industriale è indispensabile conoscere i piani sul servizio pubblico dell'azionista, quindi del governo. Per questo è indispensabile che si apra con urgenza il confronto annunciato dal sottosegretario Giacomelli, che tenta in tutti i modi di trascinarci in una polemica sterile. Per noi contano i fatti quindi attendiamo l'annuncio da parte del governo della calendarizzazione in aula di disegni di legge per la riforma dei criteri di nomina dei vertici della Rai, sui conflitti di interesse e normativa antitrust».
Continua comunque su altri fronti la protesta contro il taglio di 150 milioni e le ricadute sulla libertà e l'indipendenza del servizio pubblico decisi dal decreto Irpef di Renzi e concertazione per mettere d'accordo presentatrici e soubrette sulla conduzione di varietà e telequiz. In mezzo, la presidente Anna Maria Tarantola rinvia la decisione sul ricorso contro il decreto al parere del costituzionalista Enzo Cheli e il direttore generale Luigi Gubitosi si dice «fiducioso» sul fatto che no, Giovanni Floris non andrà a Mediaset. Le altre cinque sigle sindacali (Slc-Cgil, Uilcom-Uil, Ugl Telecomunicazioni, Snater, Libersind Conf.sal) hanno invece confermato l'adesione allo sciopero nonostante il no della Commissione di garanzia sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali. «Ci spiace deludere chi prova a fare della vicenda Rai una operazione mediatica», scrivono non senza una buona dose di retorica i delegati sindacali, «ma l'11 giugno a scioperare non saranno i mezzibusti sediziosi, ma coloro che da sempre e prima di tutti hanno denunciato sprechi e privilegi». «A preoccupare», prosegue la nota, «è invece un taglio chirurgico che nasconde dietro la nobile causa della spending review un'operazione politica, toccando l'ennesimo asset strategico del Paese, Rai Way».
Dal canto suo Susanna Camusso ritiene «cosa grave» aver definito «umiliante» lo sciopero come ha fatto Renzi. «Noi pensiamo che sottrarre le risorse e le vie di comunicazione alla Rai sia un modo per indebolire il servizio pubblico», ha chiuso a sostegno della protesta. Di parere opposto Raffaele Bonanni della Cisl: «Chi vuole fare lo sciopero lo faccia ma deve stare attento perché è chiaramente una storia politica. Noi rappresentiamo persone da 1.200-1.
300 euro al mese e invece ci sono persone che sostengono lo sciopero che prendono milioni».Per Bonanni è necessario dialogare: «Noi, come Cisl, trattando abbiamo già ottenuto dei risultati come l'anticipo del rinnovo della convenzione e la garanzia dal Parlamento che le sedi locali non verranno toccate». MC
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