Il nostro è un Paese stupido. Talmente stupido che, oltre a trascurare i propri interessi, fa di tutto per favorire quelli di altre nazioni. Non lo diciamo noi sulla base di sensazioni: lo dimostrano i dati commerciali. È notorio che sulle carte geografiche l'Italia è la migliore piattaforma logistica europea proiettata nel Mediterraneo. In teoria, siamo straricchi di autostrade del mare. In pratica, ignoriamo di averle a nostra disposizione, e le poche che utilizziamo sono tragicamente rallentate da una burocrazia acefala, straordinariamente attrezzata per rendere improduttivo (...)
(...) un settore potenzialmente trainante: quello dei trasporti su acqua.
Ci riferiamo allo sdoganamento delle merci che avviene con una lentezza esasperante e tale da indurre le aziende di import-export a rivolgersi ad altre strutture portuali, dove il disbrigo dei controlli è assai veloce. Da noi servono circa 19 giorni per dare il via libera ai container, un'eternità. Altrove, per esempio a Rotterdam (ma anche in Francia e in Spagna), si fa tutto in 8-10 giorni. Ovvio che gli operatori evitino con cura di rivolgersi, per le spedizioni e il ricevimento delle merci, ai nostri porti, optando per soluzioni alternative meno dispersive e meno onerose.
Già, il tempo è denaro: sprecarlo significa ridurre i profitti se non andare in perdita. Cosicché il 30 per cento dei traffici destinati al bacino di utenza del nostro Paese finisce in altri Stati membri dell'Unione europea. L'Italia ci smena palate di quattrini - dazi, Iva, tasse portuali - sottratte alle nostre dissanguate casse. Si parla di miliardi sui quali incoscientemente sputiamo, senza che nessun governante si ponga il problema di eliminare lo scandalo.
In termini concreti, se riuscissimo a rimediare ai ritardi provocati dalla burocrazia, tra le più idiote del mondo, il commercio internazionale annuo crescerebbe a dismisura: 50 miliardi di euro. Infatti, ogni giorno sprecato in lentezze comporta un danno di 7,5 miliardi in dodici mesi. Ha ragione Paolo Uggè, vicepresidente di Confcommercio e presidente di Fai Conftrasporto (25mila imprese di autotrasporto per un totale di 100mila mezzi pesanti) quando dice che basterebbe ridisegnare la strategia di navigazione: «La posizione geograficamente vincente non è sufficiente se non è supportata da una logistica competitiva, cioè da un sistema che si sbarazzi di regolamenti obsoleti, retaggio borbonico. Occorre anzitutto istituire lo sportello unico doganale (a livello nazionale) in servizio 24 ore e non solamente 6 ore come accade ora nei vari uffici sparpagliati sul territorio e malamente coordinati».
Si tratta di semplificare e razionalizzare la filiera delle informazioni e dei controlli, attualmente imperniata su 18 organismi addetti alle verifiche: una parcellizzazione che significa caos, inefficienza, mancanza di chiarezza e che genera disgusto e rabbia negli utenti. A proposito di inefficienza, va detto che l'Italia, pur figurando tra i Paesi «logistic friendly», è piazzata in classifica al penultimo posto per quando riguarda la rapidità del processo di sdoganamento e al quart'ultimo per ciò che attiene alla capacità di raggiungere i destinatari delle spedizioni entro i termini stabiliti. Non è un fallimento, ma quasi. E questo, per una penisola che ha più mare che terra, è motivo di vergogna. Colpa di chi? Non certo degli alpini.
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di Vittorio Feltri
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