Nunziata e Gianni si sono sposati quando lei aveva 15 anni e lui 18. Hanno quattro figli, tanti nipoti, un'azienda avviata da entrambi e una casa nella quale vivono ancora dopo 52 anni di amore costruttivo. Insieme. Li ho conosciuti e mostrano tenerezza e gelosia l'uno verso l'altra. Invece Clint Eastwood ha lasciato la moglie, Monica Bellucci il marito. Anche Michael Douglas e la moglie hanno divorziato. Come tante coppie anonime (e se ve lo dico io mi dovete credere) che in quest'estate degli addii hanno voluto o dovuto rinnegare le loro scelte vitali.
Perché soprattutto (...)
(...) d'estate, quando la maggior parte delle persone si diverte e si riposa, si creano tante occasioni di devastazione, dolore e sconfitta? Forse perché la famiglia durante tutto l'anno ha davvero rare occasioni di stare insieme, parlare e confrontarsi: le scuole dei bimbi, gli orari obbligati, il lavoro dei genitori, gli impegni quotidiani, i weekend forsennati, la ricerca del lavoro, la stanchezza sempre in agguato non possono certo sponsorizzare momenti di dialogo, abbandono e osservazione. Tantomeno di reciproca attenzione.
Se a ciò si aggiunge il narcisismo, il neoedonismo, l'individualismo, l'incapacità di sacrificio e la sindrome dello zapping esistenziale (cambiamo canale, forse c'è qualcosa di più interessante o divertente) è presto detto perché oggi un matrimonio non può durare.
Per di più, il matrimonio è diventato precario proprio da quando l'amore (malinteso) ne è diventato una variabile.
Che impazzisce. Per capriccio o noncuranza.
Invece di credere, come Nunziata e Gianni, che l'amore tra i partner debba essere ogni giorno alimentato dall'amore per i figli, la casa, il progetto condiviso e che debba sapientemente trasformarsi nella reciproca solidarietà, attenzione, rispetto per ciò che si è fatto ed entusiasmo per ciò che si farà, tra coloro che si separano c'è sempre uno che ha pensato solo a sé. L'amore è il suo desiderio, la sua soddisfazione, la sua vita, la sua libertà. La sua vanità e il suo tormento di sperimentare sempre un altro e un altrove. Dimentico della costruzione di affetti, ricordi e situazioni alle quali si era dedicato insieme a una persona scelta tra tante proprio per quell'obiettivo.
Chi dei due nella coppia si distrae dal progetto comune, diventa insofferente, si annoia nella famiglia, tradisce il programma concordato.
Durante l'anno, complici il lavoro e le amicizie, cerca di abbattere la noia avventurandosi nel sesso, nell'alcol o nella cocaina per trarne nuovi piaceri: pone così le basi dello stravolgimento della sua personalità e della sua vita.
Un nuovo partner o la dipendenza sono proiettili micidiali nella coppia e nella famiglia, e ancor di più quando non sono ancora rivelati. Disordine, confusione, incertezze, sensi di colpa, bugie, violenze precedono il dolore che seguirà al momento dell'inevitabile separazione. Appunto, d'estate: quando c'è tempo per tutto, ma non più per quella famiglia che pure si era voluta con determinazione.
È un diritto separarsi, quando la comunione di vita e l'armonia degli affetti sono gravemente compromessi.
Tuttavia non bisogna dimenticare che il matrimonio è un «contratto» complesso che impone obbligazioni di comportamento a entrambi i coniugi e che è basato soprattutto sulla lealtà reciproca, un «dettaglio» non trascurabile neppure se si vuole assicurare resistenza all'amore.
Nunziata e Gianni hanno applicato la formula giusta al loro amore e così si è fortificato il matrimonio.
I transfughi della famiglia no: c'è stato un momento nel quale qualcuno, durante l'anno, ha cominciato a essere sleale e ha così finito per avvelenare l'amore e decretare la fine del matrimonio che, come ormai troppi, muore d'estate.
segue a pagina 18
di Annamaria Bernardini
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