Da Altiero Spinelli a Konrad Adenauer. Da Winston Churchill ad Alcide De Gasperi. Da Jean Monnet a Robert Schuman fino a Paul-Henri Spaak. Sono questi alcuni dei visionari leader considerati i padri fondatori dell'Europa. C'è, però, un personaggio vivente che può essere considerato il «padre virtuale» se non dell'Europa, almeno di molti, molti europei. Si tratta di Ingvar Kamprad, il fondatore di Ikea.
Il motivo? Secondo un calcolo effettuato qualche anno fa, almeno un europeo su dieci è stato concepito su un letto della nota casa svedese da lui creata. Una valutazione supportata dalla forza dei numeri del colosso dell'arredamento low cost, che nel periodo 2011-2012 ha raggiunto i 27,6 miliardi di fatturato. Un giro d'affari concentrato per il 70% nel Vecchio Continente, che sale al 78% includendo la Russia. Una seduzione del cliente che unisce spagnoli, finlandesi, italiani e tedeschi, e che rende Ikea, secondo alcuni studi, il marchio europeo più conosciuto al mondo.
Su questo curioso primato delle nascite - i «figli europei di Ikea» sarebbero circa 50 milioni - si è molto giocato. La stessa casa svedese ha prodotto una campagna pubblicitaria in Germania, intitolata «Where family starts», usando un albero genealogico che mostra dove è stata concepita ogni generazione: non solo letti, ma a volte anche tavoli e lavatrici. Insomma una «pazza Ikea» di far l'amore con te. Jay Leno, comico e conduttore tv, ci ha coniato sopra anche una battuta: «Secondo la Bbc, un europeo su dieci è stato concepito su un letto Ikea. Gli altri nove sul pavimento perché i genitori non sono riusciti a montarlo, quello stupido letto». Questa curiosa statistica è stata ripresa ieri da OpenEurope - think tank con uffici a Londra e Bruxelles - per fotografare ironicamente la distanza tra Claude Juncker, il candidato ufficiale del Ppe alla guida della Commissione, e il popolo europeo, e metterne in dubbio la legittimazione popolare. Il processo di nomina è ormai avviato. Il presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, dovrebbe presto proporre il nome dell'ex premier lussemburghese. La decisione potrebbe essere ufficializzata durante il Consiglio del 26 e 27 giugno oppure durante una cena informale nella prima metà di luglio in cui con ogni probabilità otterrà il sostegno di Angela Merkel.
OpenEurope ricorda, però, che a fronte dei 91 milioni di europei che hanno votato per i principali gruppi del Parlamento, 226 milioni sono quelli che hanno disertato le urne, e che, su un elettorato di 395 milioni di persone, per i partiti affiliati al Ppe hanno votato in 40,3 milioni (10,2%). Una quota che scende a 38,4 milioni se si escludono Svezia e Ungheria, che si sono rifiutate di accettare il meccanismo di scelta della candidatura Jucker (lo «Spitzenkandidaten»). Inoltre, quando Juncker venne scelto al congresso di Dublino dal Ppe ricevette soltanto 382 voti sugli 800 potenziali. Senza contare che, secondo una stima, soltanto l'8,2% degli elettori europei era consapevole della presenza dei candidati ufficiali collegati a ciascun gruppo.
OpenEurope utilizza anche altri dati per testimoniare la scarsa consapevolezza dell'elettorato. Ad esempio il fatto che soltanto 127mila italiani hanno guardato il confronto televisivo tra i candidati alla guida dell'organo esecutivo dell'Ue, a fronte dei 5 milioni e mezzo sintonizzati la stessa sera sulla serie «Un medico in famiglia».
Infine, last but not least, il riferimento alla «generazione Ikea», più numerosa dei sostenitori (consapevoli o inconsapevoli) di Claude Juncker. Un popolo europeo unito più dalle comuni scelte d'arredamento (e concepimento) che dal suffragio in favore del presidente della Commissione Europea.
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