Mormanno (Cosenza)«La zona del Pollino è sismicamente sensibile, come e più del resto della Calabria. Dunque, l'evento di venerdì notte non può certo considerarsi una sorpresa. D'altra parte, se l'area balla ininterrottamente da due anni, di cosa meravigliarsi?». Carlo De Giacomo va giù duro. L'architetto cosentino, presidente regionale di Italia Nostra, squarcia il velo dell'ipocrisia: la Calabria è un pezzo di mondo ad alto rischio sismico, ma se una scossa sia pur forte basta a far scattare l'allarme rosso, probabilmente c'è altro di cui preoccuparsi, che non solo la furia della natura. Da queste parti i primi tremori si registrarono nell'autunno del 2010. Da allora i sismografi non hanno più smesso di oscillare. E 2.200 scosse in 24 mesi irrobustiscono la tesi: quella di ieri era una botta attesa, quasi annunciata.
Spiega un profondo conoscitore della materia come Giuseppe Zamberletti, presidente emerito della Commissione grandi rischi, tra i padri della Protezione Civile: «La zona del Pollino già un anno e mezzo fa era stata oggetto di una riunione della Commissione. Si era deciso di aumentare i controlli. Resta un problema molto grosso che è quello dell'adeguamento sismico degli edifici, per il quale occorrono risorse ingenti e tempi non comprimibili oltre un certo limite». Detto in parole povere: servono soldi per rinforzare gli edifici, che altrimenti vanno giù come pere al primo colpo di bastone, perché case e palazzi non sono stati costruiti per come avrebbero dovuto essere. «Il territorio al confine tra Calabria e Basilicata - sottolinea ancora De Giacomo - non è certo un'isola felice. Anche qui si raccolgono i frutti avvelenati di decenni di discutibili politiche urbanistiche». Quelle stesse che, aggiunge il presidente di Italia Nostra snocciolando dati e statistiche, «fanno segnare oltre 5.000 abusi lungo i 700 chilometri di costa della regione, uno ogni 135 metri, o che hanno portato a far salire al 26%, rispetto ad una media nazionale del 16%, la percentuale di superfici non antropizzate nell'ultimo decennio strappate all'agricoltura ed ai boschi dall'avanzata del cemento più o meno legale». E non basta: perché quando si costruisce, se pure il permesso c'è, l'inganno è comunque possibile: «Quando si costruisce - aggiunge De Giacomo - si risparmia sul calcestruzzo o sulle armature in ferro. E l'impiego di manodopera non qualificata completa l'opera. Per trasformare il tutto in affare lecito è sufficiente la perizia giurata di un tecnico che sappia chiudere un occhio: per la pubblica amministrazione basta». Così di fronte al certificato del tecnico orbo, niente controlli, niente accertamenti: ci si fida quasi sulla parola, fino all'arrivo dei terremoti. E quando la terra trema, come a Mormanno, la gente lascia quelle case che anche un po' di bora basterebbe a far venire giù e va a cercare conforto tra le lamiere e i sedili di un'auto. Il primo cittadino del paese, Guglielmo Armentano, questa abitudine forzata dei suoi compaesani di riposare nelle proprie vetture causa panico l'aveva segnalata il 2 ottobre alla Commissione grandi rischi, chiedendo aiuto e lumi sul da farsi. Poi la sentenza choc sul Big One dell'Aquila, e la Commissione si è dimessa.
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