Dall'inizio dell'anno sono arrivati in 50mila, solo nelle quarantott'ore tra sabato e ieri in 3400. Persone in fuga dai Paesi di origine, di cui si fa la conta, ogni volta un foglio contabilità da riempire, numeri nuovi di un'emergenza eterna. Sabato notte ce n'erano oltre 554 sulla fregata Bergamini. Altri 186 sulla fregata Scirocco, tra loro una donna incinta, 58 minori, una decina neonati. Erano in viaggio da tre giorni, disidratati, ustionati per l'eccessiva esposizione al sole. E ieri la motonave Anwar e quella maltese Norient Star sono approdate al porto ragusano di Pozzallo, ciascuna con un centinaio di disperati a bordo. Sulla seconda, ha confermato la marina militare italiana, c'erano tre persone morte prima di arrivare a destinazione. Altri 845 che sabato erano stati soccorsi nel canale di Sicilia dal pattugliatore «Ubaldo Diciotti» sono stati poi trasbordati sulla nave Etna e condotti a Taranto, dopo un balletto di percorsi di smistamento previsti e poi annullati: prima a Catania, poi a Pozzallo, infine, dopo uno stand by al largo di Avola, nel siracusano, rotta verso la città pugliese. Dove nel pomeriggio si è tenuta una riunione in Prefettura, per programmare l'allestimento dei presidi medici e gli altri interventi di accoglienza.
Ma tenere sotto controllo la situazione è sempre più difficile. «Gli sbarchi stanno assumendo dimensioni drammatiche e insostenibili», ha detto il presidente dell'Anci Piero Fassino, sottolineando la difficoltà di gestire la situazione per i comuni interessati, «le cui strutture sono insufficienti e, in ogni caso, già iper-sature». Il primo cittadino di Torino ha chiesto un «impegno straordinario» a Stato e Regioni, anche dal punto di vista finanziario, perché, sostiene, «anche gli altri comuni italiani non sono in grado di farsi carico da soli di una situazione così critica». Poi il presidente dei sindaci ha chiesto un incontro urgente con il ministro dell'Interno Alfano. In effetti la voce di chi opera sui territori delle città siciliane interessate dagli sbarchi negli ultimi giorni si è alzata. «Francamente non ce la facciamo più», ha detto ieri il sindaco di Catania Enzo Bianco, chiedendo al governo di dichiarare lo stato di emergenza. Mentre quello di Porto Empedocle, Lillo Firetto, aveva parlato sabato di «dramma disumano fuori controllo», accusando di scarsa concretezza governo ed Europa.
Perché se la politica italiana da tempo cerca l'aiuto dell'Unione europea, Bruxelles per ora si è limitata a girare la faccia dall'altra parte. Poi c'è la questione dell'immagine, cui albergatori e addetti ai lavori, adesso che la stagione estiva è cominciata, tengono molto. «Se i numeri continuano ad essere questi la situazione rischia di diventare ingestibile: già abbiamo le prime disdette di turisti e se continua così saremo veramente nei guai», ha detto il primo cittadino di Pozzallo Luigi Ammatuna.
In una lettera inviata all'Ordine dei giornalisti il presidente di Federalberghi di Lampedusa, Giandamiano Lombardo, ha lamentato «la diffusione di notizie allarmistiche che fanno riferimento a Lampedusa, nonostante non arrivino immigrati sull'isola da molti mesi, e cioè da quando il centro di accoglienza è stato chiuso». Succede anche questo, nell'eterna emergenza.Twitter @giulianadevivo
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