Roma - Nel giorno del contrattacco ds sul caso Unipol, scende in campo anche il Quirinale. Non a caso abitato anch’esso da un ex dirigente della Quercia.
Non ha fatto nomi, naturalmente, ma tutti hanno capito a chi fosse rivolto il suo monito: «Lancio un richiamo - ha detto Giorgio Napolitano davanti al Csm - alla massima responsabilità e riservatezza nello svolgimento di tutte le funzioni proprie dell’autorità giudiziaria; in particolare il richiamo a non inserire in atti processuali valutazioni e riferimenti non pertinenti e chiaramente eccedenti rispetto alle finalità».
Difficile equivocare il senso del messaggio. «In un Paese normale, dopo un simile intervento del presidente della Repubblica, qualunque magistrato si dimetterebbe», sbotta un alto dirigente Ds. Ma lo stesso gip Forleo ha ieri replicato seccamente: «Rimarrò soggetta, come sempre, solo alla legge». Poco prima di Napolitano era intervenuto il segretario Piero Fassino, difendendo davanti al Comitato politico del partito lo stato maggiore della Quercia: «Alla dottoressa Forleo riconosco il diritto di chiedere al Parlamento l’utilizzo delle intercettazioni. Ma non quello di precostituire giudizi infondati senza accertamenti». Un «grande» partito, dice il leader, «può anche sbagliare», ma nessuno può mettere in discussione che «siamo gente per bene», ed è «offensivo solo pensare che siamo stati parte di progetti criminosi». Ma in serata Massimo D’Alema si è detto «disposto» a chiarimenti con i magistrati. Il gruppo dirigente diessino si sente sotto tiro, non può dirlo chiaramente ma è convinto che ci sia un disegno tutto politico. Un disegno, se la ride da fuori il presidente Cossiga, che ha già ottenuto un risultato: l’ascesa di Walter Veltroni «è il frutto della pubblicazione di quelle telefonate» di D’Alema e Fassino.
Ma i ds intercettati fanno sapere che non si arrenderanno così facilmente. Al Botteghino si cita l’intervista della Stampa a Giovanni Consorte, che racconta «che non era lui a chiamare Fassino e D’Alema per farsi aiutare, ma loro ad informarsi, rompendogli anche un po’ i coglioni. E questo dimostra quel che abbiamo sempre detto: c’è stato forse un eccesso di tifoseria, per il quale abbiamo fatto autocritica, ma nessun coinvolgimento nella gestione». Fassino attacca frontalmente i media e quell’«intreccio perverso tra informazione e politica», che fa sì che «le stesse telefonate vengano pubblicate quattro volte» per delegittimarne i protagonisti, e denuncia: «Il sistema dell’informazione ha cercato di incidere sugli assetti e anche sulla futura leadership del Pd». E, a sentire Cossiga, c’è pure riuscito.
Intanto scendono in campo due pezzi da novanta del «partito dei giudici» ds, le cui prese di posizione hanno senz’altro un peso nelle procure. E per una volta picchiano duro su un magistrato: secondo Violante, la Forleo «mette a rischio la credibilità degli uffici giudiziari di Milano». E per l’ex procuratore capo meneghino D’Ambrosio la gip «ha sbagliato», perché «ha usato le intercettazioni come se volesse imporre al pm l’iscrizione nel registro degli indagati». Da fuori dà una mano il Guardasigilli Mastella che, dopo aver messo in moto l’azione disciplinare contro la Forleo, alla quale il Pg della Cassazione ha chiesto l’acquisizione delle sue ordinanze, si dice «in sintonia» con Napolitano, denuncia lo «sputtanamento» dei politici, «deboli» in un Paese in cui basta «parlare al telefono per essere sospettati»: «È una giustizia che non mi piace», attacca.
Prima o poi, però, sarà il Parlamento a dover dire sì o no alla Forleo e alla sua richiesta di utilizzo delle intercettazioni, da cui potrebbe discendere l’iscrizione nel registro degli indagati dei politici sotto tiro. Di certo, spiegano in casa ds, «slitterà tutto a dopo l’estate, e allora ci penseremo». Ma la scelta non sarà facile. «Io sarei propenso a votare contro», dice il dalemiano Gianni Cuperlo, «perché sono convinto che non c’è materia e bisogna dare un segnale contro il tipo di procedura seguita». Gran parte del centrosinistra (Verdi, Prc, dipietristi, un pezzo di Margherita prodiana) spinge però per dire sì: «Come si fa a negare l’utilizzo di quelle telefonate, peraltro ormai stra-pubbliche?», si chiede il verde Bonelli.
E nella stessa direzione va la pressione della grande stampa. I ds però contano sulla sponda di una parte dell’opposizione, a cominciare da Forza Italia.
Che per bocca del suo coordinatore («il compagno Bondi», sorride Nicola Latorre) si dice contraria ad ogni «uso politico della giustizia» e propensa a votare no. «Una posizione non strumentale ma di principio», approva il vicepresidente dei senatori dell’Ulivo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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