nostro inviato a Palermo
La rincorsa vittoriosa di Berlusconi al Senato, il controsorpasso di Grillo alla Camera. Il tonfo di Bersani all'ultimo miglio. Più disastroso di quello di Dorando Petri alle Olimpiadi. La Sicilia, regione che da sempre anticipa e amplifica le tendenze nazionali, si scopre strabica e consegna al Paese due maggioranze e due vincitori: il Cavaliere a Palazzo Madama e Beppe Grillo a Montecitorio. Le previsioni della vigilia sono saltate. Il Pd, che sperava di giocarsela all'ultimo voto, barcolla e arretra. Ancora peggio va alla coalizione montiana che dissipa la dote portata dall'Udc e non porta a casa neanche un senatore, fermandosi ad un imbarazzante 5,9 per cento, mentre si disintegra contro lo scoglio delle urne il movimento Arancione di Antonio Ingroia che pure aveva lanciato la sua proposta da Palermo. Il laboratorio siciliano, dunque, costruisce diverse verità, sull'orlo dell'ingovernabilità, e smonta molti luoghi comuni. Rossi, arancioni e di altri colori.
Comunque lo si guardi, nell'isola arriva un terremoto. Il Pdl a trazione berlusconiana risale con le unghie e con i denti: siamo lontani dal mitico 61 a 0 degli anni d'oro, ma il Cavaliere compie un vero e proprio miracolo rialzando le prospettive di un centrodestra che solo qualche mese fa era dato per moribondo. Alle regionali dell'ottobre scorso, il Movimento 5 Stelle aveva raggiunto il 15 per cento e si era lasciato alle spalle Pd e Pdl, fermi rispettivamente ad un mortificante 13 e 12 per cento. Ora i numeri cambiano e schiacciano in una tenaglia il centrosinistra. Al Senato il Pdl raggiunge il 26,2 per cento, il Pd rimane al palo del 18,6 per cento. Quasi otto punti indietro. Un abisso. Grillo raddoppia addirittura sfiorando il 30 per cento e si conferma il primo partito dell'isola e l'isola il trampolino nazionale dei 5 Stelle. Exploit su exploit. Ma i conti veri, quelli coalizione per coalizione, incoronano il Cavaliere che incassa, in una regione cardine con quasi 4,5 milioni di elettori, 14 senatori su 25 disponibili. Un'impresa che solo qualche settimana fa sembrava un racconto di fantascienza. E questo grazie al colpo di reni del Pdl e all'apporto di una folta e variopinta pattuglia di alleati - fra cui ritroviamo due campioni del trasformismo come Gianfranco Miccicchè e Raffaele Lombardo - che spingono il centrodestra ad un sorprendente 33,2 per cento, davanti ai grillini e al centrosinistra che si ferma, sommando Bersani, la lista il Megafono del neopresidente della Regione Rosario Crocetta e uno scarico Vendola, al 27,4 per cento. La rivoluzione che Crocetta sognava è rinviata a data da destinarsi. La Sicilia, almeno sul versante di Palazzo Madama, guarda a destra.
Grillo, arrivato in Sicilia a nuoto, riparte con 6 senatori. Bersani, vincitore troppo annunciato, si ferma a 5. Quattro sono in quota Pd, uno arriva dal Megafono, l'ambizioso progetto ideato a immagine e somiglianza di Crocetta, che immaginava una sinistra costruita sul suo nome e sperava addirittura di poter battere il Pd. Perdono insieme, Crocetta e il Pd, e vengono staccati dagli azzurri e dai grillini.
Alla Camera, dove si affaccia il voto giovanile, la performance di Grillo è inarrestabile. Il Movimento 5 Stelle raggiunge risultati stellari: sfiora il 35 per cento nel collegio Sicilia 1, fra Palermo e Caltanissetta, la città del leader dei grillini di Sicilia Giancarlo Cancelleri, supera il 32 per cento fra Catania e Messina; il centrodestra raddoppia il miracolo del Senato scavalcando l'asticella del 30 per cento, Bersani affonda fra il 21 e il 22 per cento. Viste le aspettative della vigilia, si può parlare di una vera e propria Caporetto. Monti limita i danni superando l'8 per cento, Ingroia resta lontano dalla linea del 4 per cento, quella della sopravvivenza, Giannino è uno zero virgola.. «Qui in Sicilia - spiega al Giornale il Presidente del Senato Renato Schifani, palermitano doc - il Pdl ha fatto una campagna elettorale efficace.
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