Lo spread è a 260 e il Tesoro ne approfitta

Lo spread è a 260 e il Tesoro ne approfitta

Quelli che masticano l'inglese della finanza, la chiamano duration. Ovvero, la durata media del debito pubblico. L'Italia, non da oggi, ha problemi - appunto - di duration: con un debito ipertrofico come il nostro, pari a 2.020 miliardi di euro in novembre (ennesimo record storico), i 7,3 anni di media sulle scadenze dei bond rappresentano un elemento di vulnerabilità, soprattutto in situazioni di scarsa liquidità e di calo della fiducia. Un film visto più volte durante la crisi. Non a caso, l'accorciamento della duration è da tempo uno degli obbiettivi del Tesoro. Impossibile però da centrare l'anno scorso con l'impazzimento degli spread. Ma ora la situazione è cambiata. E infatti, il ministero guidato da Vittorio Grilli non ha perso tempo: ecco quindi l'emissione di un Btp a 15 anni, una tipologia di titolo non più proposta dal settembre 2010 in quanto troppo rischiosa sia sotto il profilo della domanda, sia da quello dei rendimenti.
«La transazione sarà effettuata nel prossimo futuro, in relazione alle condizioni di mercato», recitava ieri un comunicato del Tesoro. Gli analisti, tuttavia, sono convinti che oggi verranno rese note le modalità del collocamento, affidato a un consorzio composto da Banca Imi, Barclays, Crédit Agricole, Goldman Sachs e JP Morgan. Il timing scelto non è casuale: ieri il mercato giapponese era chiuso per una festività, e via XX Settembre non ha voluto privarsi di una buona fetta di investitori; domani, invece, la Germania proporrà 5 miliardi di Bund decennali contro cui è meglio non scontrarsi. La “finestra“ di oggi è insomma quella giusta. Già si ipotizza il tasso di interesse, che potrebbe piazzarsi al 4,70%. Un valore di assoluta sostenibilità.
È evidente che l'effetto spread ha avuto una valenza fondamentale nella decisione di procedere con il collocamento. E ne avrà anche sulla probabile emissione di un Btp trentennale. Il differenziale tra Btp e Bund tedesco è risalito ieri sopra quota 260, ma è sceso di quasi 100 punti rispetto soltanto a un mese fa, quando le dimissioni di Mario Monti ne avevano provocato un immediato surriscaldamento. I calcoli di Bankitalia attribuiscono a ogni calo di un centinaio di punti dello spread un risparmio di 3,1 miliardi sul debito pubblico per il primo anno, che diventano 6,2 il secondo e 8 il terzo. Autentico ossigeno per le nostre casse pubbliche.
Oltre al calare delle tensioni sui debiti sovrani, i Paesi emittenti possono ora far leva anche sull'ampia liquidità presente sul mercato. Ai blocchi di partenza, nei prossimi giorni, ci sono infatti le aste di Spagna (giovedì offerti titoli a medio-lungo termine fino a 4,5 miliardi), Belgio e Islanda. Nessuno vuol perdere l'occasione (o l'attimo fuggente, a dar retta ai pessimisti) di sfruttare il ritrovato appeal verso i titoli del debito europeo da parte degli investitori asiatici, così come dei fondi, dei fondi pensione e delle assicurazioni. Per non parlare delle banche. Nei mesi scorsi gli istituti di credito avevano dirottato proprio sul mercato dei bond gran parte dei 1.

000 miliardi di prestiti ricevuti dalla Bce a tassi irrisori; adesso, con l'ammorbidimento delle regole di Basilea 3 sulla liquidità, potrebbe esserci spazio ulteriore per incrementare i portafogli. Senza però dimenticare stavolta famiglie e imprese.

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