RomaMario Monti avrebbe preferito, e forse ancora spera, di dimezzare lo spread rispetto a quando è entrato. Intanto, approfittando della vetrina del trentesimo vertice bilaterale franco italiano di Lione con il presidente francese Francois Hollande, incassa i dati di ieri e rilancia. Lo spread, cioè il differenziale, tra il tasso dei Bund tedeschi e dei Btp italiani, ieri è sceso per la prima volta sotto quota 300, a 293, per poi chiudere poco sopra, a 316. Dai mercati ai conti pubblici, il ministero dell'Economia ha registrato a novembre un fabbisogno del settore statale pari a circa 4,3 miliardi, in diminuzione rispetto allo stesso mese del 2011 in cui si registrò un disavanzo di 8,5 miliardi.
Il presidente del consiglio si è concentrato sugli spread. «È stata una giornata positiva», ma «per me c'è un livello di spread, che è 287 punti base» che «spero venga presto toccato». Un «punto particolarmente significativo», essendo la metà dei 574 punti base, livello trovato «quando abbiamo iniziato» il lavoro.
Lo spread poco sopra al 3% è ancora «non accettabile e fisiologico, ma fa piacere la linea decrescente». L'accordo sulla Grecia per Monti ha «contribuito alla discesa». Ma il premier non rinuncia a dare, anche questa volta, una chiave di lettura più interna. In sintesi, l'Italia ha fatto quello che doveva fare: «Dormo tranquillo, ho la coscienza di avere fatto bene».
Nel merito, nonostante il debito pubblico il «riconoscimento internazionale sulla correttezza della politica economica italiana in corso è diffuso e sempre più generalizzato. C'è come un tiro alla fune tra un buon comportamento corrente nella politica economica italiana e l'apprensione per l'alto livello del debito».
A innescare il rialzo in Italia in passato sono state le tensioni in Grecia, o meglio, l'assenza di «una sufficientemente forte reazione europea» ai problemi di Atene. «Adesso che con le decisioni europee di giugno e con la decisione specifica sulla Grecia il quadro sembra distendersi, ne abbiamo anche noi beneficio». D'altro canto anche Atene sta attuando una rivoluzione che normalmente richiede una generazione».
Temi che Monti ha affrontato anche con il presidente francese («Ho detto a Hollande che per l'Italia passare del tempo con la Francia giova anche a un ravvicinamento ulteriore con la Germania, non certo in termini politici, perché andiamo d'amore e d'accordo, ma in termini di tassi di interesse»), anche se a tenere banco ieri a Lione sono state altre questioni. Il bilancio europeo in primo luogo, poi l'alta velocità ferroviaria.
I due presidenti hanno confermato «l'interesse strategico del progetto» di collegamento. Monti ha parlato dell'esigenza di «decisioni concrete, senza bisogno di rinviare». Hollande ha assicurato che i due Paesi sono «molto uniti». In concreto, l'asse Roma Parigi sull'alta velocità, chiede l'innalzamento dal 30 al 40% della quota di finanziamento europea per l'infrastruttura, nel bilancio pluriennale della Ue. Il vero banco di prova dei rapporti tra Francia e Italia è proprio la trattativa sul bilancio europeo. I due paesi latini hanno perso la prima battaglia contro un fronte inedito composto da Gran Bretagna e paesi nordici. Ieri Monti e Hollande hanno confermato che anche nelle prossime tappe della sessione di bilancio marceranno uniti. Contro i tagli alle politiche europee, sicuramente. I due capi di governo «auspicano un accordo sul bilancio europeo 2014-2020 all'inizio del 2013 fondato sugli obiettivi della crescita, la solidarietà e il controllo delle finanze pubbliche. In questo senso sostengono l'idea di un bilancio che consenta di finanziare le politiche comuni, in primo luogo la pac e la coesione, aumentando al contempo le risorse destinate all'innovazione e alle infrastrutture».
Uniti anche nel punzecchiare Londra, capofila dei paesi che vogliono tagliare drasticamente il bilancio Ue.
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