Lo sprint di Maroni: ora basta rimborsi per tutti i consiglieri

Alla prima seduta il governatore della Lombardia propone di cancellare i privilegi extra dei partiti

Roberto Maroni, neo presidente della Regione Lombardia
Roberto Maroni, neo presidente della Regione Lombardia

Milano - Per la prima seduta del consiglio regionale della Lombardia che dopo diciotto anni ininterrotti di Roberto Formigoni ha inaugurato ieri la nuova era leghista di Roberto Maroni, i giornalisti accreditati erano ben centoquarantasei. «Un record - assicura un addetto ai pass -. Nemmeno ai bei tempi di Nicole Minetti eravate arrivati in così tanti». Tribuna strapiena, ma il vero panico è stato poco dopo le undici quando una commessa in perfetto tailleur blu corre verso il responsabile. «C'è una grillina che sta mangiando in aula - gli comunica tutta trafelata e terrorizzata dalle briciole -. È vietato, non si può. Qualcuno entri di corsa e vada a dirglielo. Robe da matti». Forse a Milano la sovversione a cinque stelle comincia dalla schiscetta.
Poi ci vogliono quattro votazioni per eleggere il formigoniano Raffaele Cattaneo presidente del consiglio. Ma delle venticinque pagine del suo discorso d'insediamento impreziosito da una quindicina di dotte citazioni che vanno da sant'Ambrogio a papa Francesco, passando per Alcide De Gasperi, Jacques Delors, la Costituzione e Carlo Cattaneo (magari in omaggio a Maroni), negli annali del Pirellone forse rimarrà la sua richiesta a consiglieri e assessori di spendere il giusto per caffè e brioches alla buvette. «Sono certo che tutti noi troviamo poco conveniente che in un momento come questo si paghi un prezzo agevolato».
Ma il filone pauperista è proseguito con la prima proposta di legge presentata nella nuova legislatura dalla lista «Maroni presidente» per cancellare i rimborsi ai gruppi consiliari. Scottano ancora quelle ricevute presentate dai predecessori per le tagliate di aragosta dal Partito dei pensionati, i Mon Chéri all'autogrill dell'assessore leghista, le cartucce per andare a caccia mascherate con quelle della stampante, il banchetto di nozze regalato alla figlia. O le bibite energetiche, i Ringo e i due spazzolini con il nome di Renzo «Trota» Bossi. Un'indagine della procura di Milano per l'uso irregolare dei fondi che alla fine indagò quasi tutti i consiglieri. Di destra e di sinistra. Niente più rimborsi, aveva promesso Maroni in campagna elettorale. E così ora chiedono i suoi, «fatte salve - si legge - le risorse finanziarie per il personale». Perché in tempi di crisi ci manca anche che a rimetterci siano i dipendenti dei gruppi. Primo firmatario il capogruppo della lista civica Stefano Bruno Galli, poi Maroni e ad accodarsi anche i consiglieri della Lega. Ora a decidere sarà l'aula. «È un segnale importante di riduzione dei costi della politica - ha spiegato il politologo Galli, il nuovo Gianfranco Miglio che guida la pattuglia dei maroniani senza casacca verde -. Un tema su cui c'è grande sensibilità ed è importante che il primo progetto di legge del nuovo consiglio si occupi di questo». Un modo, spiega il capogruppo del Carroccio, Massimiliano Romeo «che mette chiarezza e pone al sicuro il consiglio, dato che la proposta prevede il totale azzeramento dei contributi ai gruppi consiliari».

Troppo poco per i grillini. Che con Silvana Carcano spiegano che «la vera riduzione dei costi della politica è la nostra, perché non abbiamo fatto richiesta dei rimborsi elettorali e ci ridurremo lo stipendio a 5mila euro lordi». Si vedrà.

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