Politica

Lo Stato si riprende i poteri e ridimensiona le Regioni

Il Consiglio dei ministri vara un ddl costituzionale che ridisegna le competenze degli enti locali. La protesta dei governatori

RomaLa riforma federalista varata nel 2001, la chiacchieratissima modifica al titolo V della Costituzione, va in soffitta. Si porta via un discreto numero di poteri che i governatori esercitavano spesso a sproposito, da dieci anni, ma anche le speranze di vuole che l'Italia diventi un Paese meno centralista. Al Consiglio dei ministri di ieri sera, oltre alla legge di stabilità, è approdato un disegno di legge costituzionale che ridisegna radicalmente le competenze delle amministrazioni locali. È giusto precisare che questo accadrà solo se e quando la riforma sarà approvata. L'iter di un Ddl costituzionale è lungo, prevede la doppia lettura e un intervallo di tre mesi ai quali se ne aggiungono altri tre se il testo viene approvato da meno dei due terzi del Parlamento. Quindi un tempo minimo di sei mesi, salvo referendum confermativo. Il governo è sicuro di farcela, anche se per il rotto della cuffia. Se non dovesse arrivare al traguardo, il testo andrà in eredità al prossimo Parlamento e in questo caso non avrà vita facile perché i cambiamenti sono molti.

In generale la riforma del governo Monti, stabilisce che il garante della Costituzione, e della «unità giuridica ed economica della Repubblica» è lo Stato. In nessun caso le Regioni, unica autonomia locale che ha un reale potere legislativo. Nelle bozze precedenti al varo di ieri, questo principio era stato battezzato «clausola di supremazia», concetto che deve essere sembrato troppo forte al ministro Filippo Patroni Griffi, tanto che nell'ultima bozza del Ddl è scomparso.

Le Regioni non potranno occuparsi di rapporti internazionali, nemmeno di quelli con l'Unione europea, materia esclusiva dello Stato, così come il commercio estero. Niente più uffici di rappresentanza delle Regioni, insomma. C'è l'annunciata estensione del controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti anche alle leggi e ai bilanci regionali e l'obbligo delle Regioni a statuto speciale di aiutare lo stato nel raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità europeo. Lo Stato si farà carico della divisione di compiti e poteri tra enti locali quando si tratterà di abolire alcune Province e istituire le città metropolitane. Prevista anche la competenza esclusiva su porti, aeroporti, grandi reti di trasporto e navigazione e grande distribuzione di energia. Ci sono poi delle materie che erano totalmente affidate alle Regioni e che il ddl fa diventare «di legislazione concorrente». Tra queste il turismo, i porti e gli aeroporti locali. Il fatto che il ddl sia alternativo a ogni progetto di federalismo è dimostrato dalla trasformazione della conferenza Stato-Regioni in un organo di rango costituzionale. Assume quindi il ruolo che i federalisti vorrebbero dare al Senato. Le decisioni e le intese della conferenza saranno blindate. Le singole Regioni non potranno ricorrere alla Consulta.

Deciso e bipartisan il no al ddl delle Regioni. «La modifica al titolo V della Costituzione non può essere fatta con un decreto legge», ha affermato il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani. Per il governatore del Veneto Luca Zaia è «un atto di forza». La Lega annuncia battaglia, Pd e Pdl invitano il governo a dialogare con le autonomie locali.

Premesse politiche che rendono ancora più problematico l'iter della riforma anti federalista firmata Monti.

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