Sugli aiuti alle banche la Merkel mette la Spagna nei guai

Angela Merkel non rientra dal vertice Ue di Bruxelles a mani vuote. Finita sotto il fuoco di sbarramento di Francia e Italia, protagonista giovedì di un acceso tête-à-tête con François Hollande, la cancelliera è stata costretta (per ora) ad accantonare il progetto di creare un super-commissario con potere di veto sui bilanci nazionali, ma si è subito presa una rivincita.
L'accordo di compromesso raggiunto nella notte tra giovedì e venerdì sulla vigilanza bancaria contiene infatti una pillola avvelenata. Entro il 2013 la Bce avrà il compito di vigilare sulle 6mila banche dell'Eurozona, comprese dunque le Sparkasse che Berlino avrebbe voluto tenere fuori dal recinto dell'Eurotower. La Germania si è piegata ai desiderata dell'Eliseo, pretendendo però in cambio di metter becco su un tema delicatissimo quale quello delle ricapitalizzazioni bancarie attraverso il fondo salva-Stati Esm. «Non sarà possibile a titolo retroattivo - ha spiegato la Merkel - quando sarà possibile lo sarà solo per il futuro».
È evidente che l'introduzione di questa regola mette i bastoni tra le ruote alla Spagna. Per puntellare il sistema bancario, Madrid potrebbe già utilizzare 40 dei 100 miliardi di euro accordati dall'Eurogruppo. Ma l'impiego di queste risorse finirebbe per pesare direttamente sui conti pubblici spagnoli. Ed è ciò che il governo guidato da Mariano Rajoy vorrebbe a tutti i costi evitare. Nelle dichiarazioni ufficiali, il premier iberico ha fatto buon viso a cattivo gioco: «Sono molto contento, non è detto che sia urgente per la Spagna, stimiamo che la ricapitalizzazione rappresenterebbe il 4% del Pil, il che non è molto, possiamo gestirla senza problemi». Fonti diplomatiche spagnole hanno invece fatto capire qual è l'aria che tira a Madrid: «Gli aiuti arriverebbero troppo tardi e a condizioni troppo pesanti: potremmo rinunciare».
La strada alternativa per la Spagna ipotizzata la scorsa settimana è quella della linea di credito precauzionale, in grado di far scattare gli acquisti di Bonos da parte della Bce. È una soluzione forse discussa durante il vertice (sull'argomento non è stato fatto nessun annuncio), ma che per trovare piena applicabilità deve avere il benestare tedesco. E la Germania, finora, ha sempre sostenuto che Madrid non ha bisogno di aiuti. Il quadro resta insomma incerto, nonostante i leader di Eurolandia abbiano preannunciato che a breve, e si parla della prima metà di novembre, ci sarà l'accordo tra Grecia e troika Ue-Bce-Fmi per la concessione della nuova tranche da 31,5 miliardi del secondo pacchetto di aiuti alla Grecia. La mancanza di segnali favorevole per la Spagna ha finito per prevalere nelle Borse, dove gli investitori hanno suonato ieri la ritirata (-2% Milano), complice anche la debolezza di Wall Street indotta dalle deludenti trimestrali di Microsoft, Ge e McDonald's. Evidentemente, non porta bene l'anniversario del famigerato Black Monday di 25 anni fa, quando il listino Usa crollò di oltre il 22%. Conforta, tuttavia, la tenuta degli spread: a quota 317 quello tra Btp e Bund, a 378 quello dei Bonos, valori simili a quelli di giovedì.
Il dibattito sull'unione bancaria resterà comunque vivo anche nei prossimi mesi. Troppe le zone non ancora ben messe a fuoco.

A cominciare dal modo in cui la Bce guidata da Mario Draghi eserciterà la sorveglianza “diretta” sulle banche, oltre al ruolo delle autorità nazionali, ma - soprattutto - quale sarà il peso decisionale dei Paesi che ancora non hanno aderito alla moneta unica ma che ne faranno parte in futuro.

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