Tale madre, tale figlio: la signora De Magistris porta alla sbarra il Csm

Secondo la vedova il lavoro da giudice rese «invalido» il marito. Palazzo de’ Marescialli contro il risarcimento

Tale madre, tale figlio:  la signora De Magistris  porta alla sbarra il Csm

Why not? In fondo, non sarà un risarcimento (in più) a mandare a picco la già disastrata previdenza italiana. È da sei anni che Marzia Russo, mamma dell’ex pm Luigi De Magistris, sta combattendo nelle aule di tribunale per intascare un po’ di soldi dallo Stato. Come? Cercando di ottenere dal Consiglio superiore della magistratura il riconoscimento di un equo indennizzo per l’infermità di cui era affetto il marito Giuseppe, magistrato - come Giggino – morto una decina di anni fa. Un’invalidità che la mamma del sindaco di Napoli imputa allo stress lavorativo del coniuge ma che il Csm non intende in alcun modo riconoscere. Lo strano braccio di ferro va avanti dal 2006, da quando cioè l’organo di governo delle toghe rigettò per la prima volta la richiesta della vedova.

Secondo Palazzo dei Marescialli, non era provato che l’infermità potesse essere ricollegata all’attività di servizio di De Magistris senior, che nella sua lunga carriera di giudice s’era comunque ritrovato a occuparsi di importanti inchieste: da quella sulle «funi d’oro» del Teatro San Carlo (una storia di corruzione e appalti pilotati) a quella sul sequestro di Ciro Cirillo (l’ex assessore dc rapito dalle Br e liberato grazie al boss Raffaele Cutolo). La bocciatura del Csm non ha «disarmato» la mamma di De Magistris. Il secondo round è così andato in onda l’anno scorso, con il controricorso presentato al Tar Campania. Che, a sorpresa, ha ribaltato la decisione del Csm, dando ragione alla vedova De Magistris.

Per i giudici amministrativi, infatti, lo stress lavorativo e le grosse responsabilità professionali cui era sottoposto il papà di Giggino avrebbero giocato un ruolo importante nello sviluppo della sua malattia. E, per motivare questo verdetto, i giudici campani si sono rifatti a una perizia tecnica d’ufficio che, nero su bianco, ha confermato: De Magistris sr è un caduto sul lavoro. Fine dei giochi, dunque? Nient’affatto. Gli ex colleghi del pm diventato famoso per le indagini flop «Toghe lucane» e «Poseidone» hanno ribadito che non ci pensano proprio a mettere la loro firma sotto il maxi-assegno richiesto dalla vedova. Il plenum di Palazzo dei Marescialli, nell’ultima riunione, ha chiesto all’unanimità all’Avvocatura dello Stato di presentare appello al Consiglio di Stato. La mossa di Palazzo dei Marescialli poggia su una duplice considerazione. Anzitutto, ci sarebbe un errore procedurale nel ricorso della vedova al Tar Campania, visto che le decisioni del Csm possono essere impugnate soltanto davanti al Tar del Lazio.

Dunque, il Tribunale di «casa» non aveva alcuna competenza a pronunciarsi nel merito. Inoltre, il Consiglio superiore aveva l’obbligo di conformarsi al parere vincolante del Comitato di verifica per le cause di servizio. E il giudizio, in questa vicenda, era negativo.

Nel 2008, Giggino fu protagonista di uno scontro al calor bianco proprio con il Csm che lo mise sott’inchiesta disciplinare (abortita per le dimissioni dall’ordine giudiziario) e lo trasferì per incompatibilità da Catanzaro a Napoli, con motivazioni severissime che parlavano di «insufficienti diligenza, correttezza e rispetto della dignità delle persone». Accuse che l’ex pm giurò di demolire «per dimostrare la correttezza del mio operato». Poi arrivarono l’Idv e l’elezione alle Europee, e Giggino si scordò della promessa. Prima lui, ora la madre. Maledetto Csm.

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