Da oggi la finanza legata alla sinistra ha un nome: quelli del 5 per cento, che è il valore delle tangenti che i signori trattenevano per sé. La presunta superiorità morale ed etica di quel mondo sta crollando sotto i colpi di una inchiesta, quella sulla banca Monte dei Paschi, che il cauto procuratore di Siena ha definito ieri «esplosiva». Il buco creato dai banchieri del Pd lo abbiamo già tappato noi, versando quei quattro miliardi di Imu sulla prima casa che corrispondono alla somma girata a Siena dal governo Monti per tamponare il buco e salvare la baracca.
Ora Bersani la smetta di minacciare. Ci sbrani, se vuole mantenere la parola data per tentare di silenziare il caso. Ma credo che il suo problema sia oggi quello di non essere rincorso con i forconi dai suoi elettori, truffati dalla banca e beffati dall'uso disinvolto di euri pubblici fatto dai consiglieri Pd della Regione Lombardia (20 indagati, compresi i soci che fanno capo a Di Pietro). Ma anche Monti la deve smettere di fare il santarellino indignato. Il suo governo ha dato, di fatto, copertura economica e mediatica a quello che è il più grande scandalo bancario della Repubblica. Di più. Il suo ministro dell'Economia, quello dell'Imu, del rigore, dell'aiuto al Montepaschi, del «non abbiamo soldi per i terremotati», quello che ieri si è presentato in Parlamento per autoassolversi, non la racconta tutta. Per esempio, lui che all'epoca era già ai vertici dell'economia italiana, non ha spiegato come mai il Monte dei Paschi gli concesse un mutuo superiore al valore della casa che stava per comperare. Prassi anomala, con i tempi che corrono è già tanto se a un comune mortale le banche finanziano il 50 per cento del necessario.
Insomma, Bersani e Monti volevano farci fessi, con i loro loden e le loro primarie democratiche.
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