Roma - At&t si ritira dalla corsa del 33% di Olimpia, la cassaforte di Tronchetti Provera che custodisce il 18% di Telecom. Restano per il momento in corsa, invece, i messicani di América Móvil. Anche se pure loro stanno valutando diverse opzioni: restare nell’operazione, con altri partner e non solo con Telefonos de Mexico; oppure, ritirare l’offerta.
Il colpo di scena arriva a metà pomeriggio: una rapida comunicazione alla Pirelli e l’indiscrezione finisce sulla versione online del Wall Street Journal. Alla base del ritiro degli americani «il timore dell’incertezza normativa». Timore espresso nella lettera che Randall Stephenson, capo operativo di At&T, ha inviato ieri a Marco Tronchetti Provera. Il dirigente del colosso statunitense parla espressamente di «regulatory uncertainties» (incertezze regolamentari) che «precludono» la «transazione» tra Olimpia e At&t. Lettera formale al presidente di Pirelli che diventa un atto d’accusa per la politica italiana. L’accoglienza riservata all’At&t dal pianeta della politica nostrana (in modo particolare, del governo), le discussioni sul futuro della rete, l’uso di un decreto legge o di un emendamento per scorporarla, avrebbero convinto gli americani a desistere dall’investimento.
E pensare che per scongiurare fenomeni di “chantage” (questo il termine tecnico utilizzato per definire paletti normativi ostili a operazioni di mercato) si era mossa l’amministrazione americana a diversi livelli. Compresa una visita di Ronald Spogli, ambasciatore americano, a Palazzo Chigi. Incontro nel quale non si sarebbe parlato di Telecom: a detta delle fonti ufficiali.
Curiosa coincidenza. Proprio oggi la commissione Lavori pubblici del Senato mette in discussione il disegno di legge sul riordino delle Authority: cioè, il veicolo legislativo che avrebbe dovuto (o dovrebbe ancora) accogliere l’emendamento del governo orientato a dare maggiori poteri all’Autorità delle Comunicazioni sulla separazione societaria della rete d’infrastrutture Telecom. Vale a dire, lo strumento di «incertezza normativa» a cui fanno riferimento le fonti vicine all’operazione per argomentare la scelta di At&t.
E i titoli Pirelli e Telecom sono stati “congelati” per ribasso nella seduta serale della Borsa. Il titolo Telecom, dopo l’annuncio di At&t, è sceso del 3,5% a quota 2,3 euro. Mentre l’ultimo prezzo della Pirelli è stato di 0,87 euro, con una flessione del 3,5%.
Con la scelta degli americani di At&t è la terza operazione internazionale su Telecom che “salta” da quando Romano Prodi è a Palazzo Chigi. La prima è stata quella che interessava Rupert Murdoch, seguita dal Piano Rovati (che ipotizzava la nazionalizzazione della rete d’infrastrutture) e dal comunicato della presidenza del Consiglio che rivelava le confidenze fatte da Tronchetti Provera a Prodi sui negoziati con General Electric; la seconda è stata quella con Telefonica (naufragata al vertice bilaterale di Ibiza con Zapatero, a favore di Enel-Endesa); la terza è quella con l’At&t.
Da notare che già in un’altra occasione At&t aveva provato a entrare nel mercato italiano, ai tempi di Prodi presidente dell’Iri. All’epoca aveva avviato negoziati per entrare nell’Italtel, la società manifatturiera della Stet. L’operazione fallì, e dopo pochi giorni esplose Tangentopoli.
Nei confronti dell’operazione americana il governo ha avuto atteggiamenti contrastanti. Da una parte, la «preoccupazione» - espressa a caldo da Paolo Gentiloni - fino alle ultime dichiarazioni di venerdì scorso di Enrico Letta: il governo non interviene in operazioni di mercato. Parallelamente, però, andavano avanti i progetti per scorporare la rete d’infrastrutture; non più con un decreto, ma con un emendamento al disegno di legge sulle Authority.
Agli americani, gli emissari del governo avevano fatto capire che la soluzione adottata avrebbe previsto tempi lunghi: almeno un anno, si erano sentiti dire. Ma questi contatti, uniti al negoziato con Intesa per l’ingresso della banca di Passera-Bazoli in Olimpia, devono aver fatto scattare i sospetti negli americani. Che, a sorpresa, hanno preferito uscire di scena.
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