Come su Marte, la vita dell'opposizione è intrappolata in calotte di ghiaccio ai poli. Microrganismi. Un tempo attivi, ne pervengono sterili tracce in bottiglia. «Nichi, fratello mio, dove sei, dove ti abbiamo lasciato?», fa Pippo Civati a Vendola. «Caro fratello mio, ti rigiro la domanda: dove siete finiti voi?...». Vaghe stelle dell'Orsa. Quasi un manifesto dell'opposizione che non c'è, ma se c'era dormiva, lo scambio d'epistola marca il senso di una stagione. Reducismo e fughe nell'io errante, così da poter persino parlare di un'«era dell'opposizione morente». Se non fosse che un giorno - fortuna che Giorgio c'è - l'opulenza di potere del Colle manco s'accorge delle formiche che da qualche parte pure ci sono e, nel loro piccolo, pure s'incazzano. Grazie a Napolitano e alla sgangherata convocazione postuma sulle riforme, si scopre così che in questo Paese un'opposizione strisciante (nel senso di terra-terra) esiste. Colpa della crisi, si vorrebbe far credere. Ma piuttosto colpa di una politica che ha perduto la ragion d'essere - o soltanto la ragione. Colpita dalle larghe intese, dall'asfissiante melassa, dai miasmi che tolgono forza, da vacche tutte grigie e troppo uguali. E chi ha ancora voglia di volere dove regna l'ultimo uomo, mediocre e uguale in ogni sua forma, come già avvertiva Nietzsche nel suo Zarathustra? La carenza di vera dialettica essendo male congenito della nostra precaria democrazia (o democrazia di precari, che è poi più o meno lo stesso).
Colpa della democristianeria, allora: non più partito a sé, ma parte spalmata su ognuno di noi, che fa preferire l'embrassons nous a una sana competizione fra robusti. Debolezza della politica, e forza d'un Letta giovane che, sguscia di qua sguscia di là, riesce a non essere nel mirino per più d'un batter di tacchi, spiazzando i cecchini. Forse non basterà a salvarsi, ma si può notare come le larghe intese inventate da Napolitano abbiano talmente affogato l'agibilità politica da spingere alla crisi ognuna delle parti in commedia. Vedi le faide interne nel Pdl, Renzi brigliato in sterile bla-bla, Scelta civica che fa la conta tra colombelle e colombini. Degli altri, dell'opposizione ufficiale, tremolanti tracce. Che dire dei Cinquestelle, condannati all'irrilevanza statutaria (d'altronde il loro non era un «non-statuto»)? Sono costretti a salire sui tetti perché qualcuno si ricordi che rappresentano un terzo degli italiani. Fanno discorsi roboanti contro Letta e il lettismo (l'ultimo del deputato Sibilia, arrivato a definirlo «illegale, illegittimo e sovversivo») che si passano in clandestinità come post di Facebook: se li guardano tra di loro, si autocelebrano di complimenti e naturalmente tutto finisce lì. Attardati nell'ombelico di se stessi giacciono anche i Fratelli d'Italia, che vorrebbero fraternamente ricomporre An, magari da Fini a Storace. Con Crosetto tuonano sul «vertice senza precedenti» al Quirinale, ma poi ci inviano Giorgia Meloni, in punta di piedi. Che aggiungere poi sui leghisti, di cui siamo tornati a sapere che non sono tutti rintanati tra Varese e il Pirellone, o nell'ultima battaglia auto-immune: la recente, furibonda lite sulla festa della zucca piacentina? Per mesi hanno scambiato la ministra di colore con il calore della protesta, e non basteranno duecento gazebo contro Letta ad avere un risultato che vada al di là del banale sputo nello stagno. Morta gora, le larghe intese che Vendola pure ha definito «la più incredibile delle paludi», prima di affidare al viceministro Fassina ogni speranza di riscatto per migliorare la legge di stabilità e quindi correre a rapporto da Napolitano, indimenticato capo del suo Pci.
Significativa l'autocritica del capo di Sel, ieri rammaricato per essersi perduto l'ultima manifestazione di piazza: «Siamo caduti anche noi nella rete...». Mancava il nero dei black bloc, per fortuna, e guai a lasciar loro il monopolio dell'opposizione. Ma almeno ora si può sperare tutti nel riscaldamento globale, su Marte la vita può tornare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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