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Trattative, è già l'ora dei veti incrociati

Strada in salita per le larghe intese tra Pdl, Pd, centristi e Lega Nord. Ma si annuncia come un’impresa politica dai contorni mitologici. Spunta Grasso come premier

Trattative, è già l'ora dei veti incrociati

Si annuncia come un'impresa politica dai contorni mitologici. Un complicato slalom tra veti contrapposti. Un intricato problema ingegneristico di pesi e contrappesi.

Trovare la quadratura del cerchio del «governissimo» Pdl, Pd, Scelta civica e Lega sarà la prima sfida che il «neo» presidente Giorgio Napolitano dovrà affrontare fin dai primi giorni del suo mandato. L'intesa di massima - accennata e vagheggiata al momento della richiesta di ricandidatura - appare poggiata su fondamenta deboli, rese più incerte dalla clamorosa balcanizzazione del Pd. E ora c'è anche chi fa capire che non sarà facile raggiungere l'obiettivo a meno che non si verifichi una scissione interna al partito di via del Nazareno con la fuoriuscita dell'ala più responsabile.

Di certo l'opinione prevalente dentro il Pd è quella di limitare al massimo la presenza di politici e vendere all'esterno questo esecutivo come «governo del presidente», mutuando come base programmatica il documento elaborato dai «saggi», nel quale erano presenti soluzioni condivise sui temi istituzionali ed economico-sociali. Il Pdl, invece, non è entusiasta di una riproposizione del governo Monti con una pitturata di politica.

C'è poi il problema della guida del governo. I nomi più gettonati restano quelli di Giuliano Amato ed Enrico Letta. Ma su questi due profili si concentrano le resistenze della Lega nel primo caso e dello stesso Pd nel secondo. Così alla rosa dei nomi bisogna aggiungere la soluzione istituzionale incarnata da Pietro Grasso, così come i possibili outsider come Sergio Chiamparino o Fabrizio Saccomanni. Per quanto riguarda lo scacchiere dei ministri le voci si moltiplicano, tra autocandidature ma anche dinieghi, visto che molti democratici nutrono il timore di esporsi al giudizio dei propri elettori.

Chiunque sia il premier un ruolo da vicepremier per Angelino Alfano è dato come fortemente probabile. Per l'Economia il nome più quotato è quello di Fabrizio Saccomanni, attuale dg di Bankitalia, oppure del suo vice Salvatore Rossi. Per gli Esteri girano i nomi di Mario Monti ma anche dell'ambasciatore presso l'Ue, Ferdinando Nelli Feroci. Per l'Interno pressoché sicura Anna Maria Cancellieri. Per la Giustizia il candidato più quotato sembra essere Luciano Violante, mentre per le Riforme in pole position c'è Gaetano Quagliariello, già nell'elenco dei «saggi». Per l'Agricoltura si fa il nome del leghista Giancarlo Giorgetti, anche lui reduce dalla stessa esperienza da «apripista della concordia». Per lo Sviluppo economico girano i nomi dell'economista liberal, vicino al Pd, Carlo Dell'Aringa ma anche dell'ex direttore generale di Confindustria (ora parlamentare Pd) Giampaolo Galli. Per la Difesa si sussurra il nome di Dario Franceschini ma anche di Franco Frattini. Per le Politiche europee si va verso la riconferma di Enzo Moavero Milanesi mentre all'Istruzione potrebbe approdare Mario Mauro o Mariastella Gelmini. Per la Sanità si pensa al padre della nano medicina, Mauro Ferrari, mentre al Lavoro potrebbero andare il presidente dell'Istat Enrico Giovannini, quello dell'Antitrust, Giovanni Pitruzzella o il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina.

Un governo che avrebbe il compito, disperato se non quasi impossibile, di tornare a tessere la trama della concordia e regalare stabilità al Paese.

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