Cronache

Tutti scaricano Bossetti inclusa la moglie: "Non ricordo dov'era"

Sentita dagli inquirenti non fornisce l'alibi al marito per la sera dell'omicidio Anche Brembate prende le distanze: "Aveva degli occhi di ghiaccio"

Tutti scaricano Bossetti inclusa la moglie: "Non ricordo dov'era"

Un'altra picconata al muro di bugie che circonda la vita familiare di Massimo Giuseppe Bossetti. Il dna conferma che Giovanni Bossetti non è il padre biologico del muratore arrestato. Fino a ieri mamma Ester Arzuffi negava l'evidenza: Massimo è figlio suo e del marito Giovanni, diceva, e non può essere l'omicida di Yara Gambirasio. Invece no.

Massimo e la sorella gemella Laura sono nati 44 anni fa dalla tresca tra Ester e l'autista Giuseppe Gambirasio. Una parte di menzogne è crollata. Nelle valli di Bergamo sono tante le macerie da ricostruire.

Ester ha tradito il marito, i figli, i nipoti. E Massimo deve avere succhiato con il latte questa capacità di mascherare il vero, di vivere nascondendo le colpe. La mamma ha taciuto a tutti, anche ai figli, la vera paternità. Ha vissuto accanto al marito facendogli credere che i gemelli fossero suoi, avrà sorriso compiaciuta quando parenti e amici dicevano di Massimo «tutto suo padre». Ma lei sapeva, altrimenti non avrebbe imposto a Massimo come secondo nome quello dell'amante, e alla sorella gemella quello della moglie di lui. Come se quel legame clandestino non dovesse mai interrompersi, e ogni volta che Ester chiamava i ragazzi gli si mostrasse Giuseppe.

E siccome la pena della menzogna è la solitudine, ora la famiglia e il paese scaricano Massimo Bossetti. La moglie, Marita Comi, ha lasciato la casa di Mapello, frazione Piana di sopra, un edificio ristrutturato di recente dal muratore arrestato. Lei e la famiglia al primo piano, la mamma vedova a piano terra. I figli hanno finito le scuole, non c'è motivo di restare per subire l'assalto dei giornalisti. Ieri alcuni vicini hanno portato via i cani e il fornaio ha lasciato il sacco col pane quotidiano. E Marita, sentita dagli inquirenti, ha evitato di fornire un alibi al marito. Lei ha scelto di non coprire le vergogne, di rompere il muro di ipocrisie. La donna ha detto che Bossetti «ha una vita regolare» ed è «molto dedito alla famiglia», ma non ricorda che cosa fece Massimo la sera del 26 novembre 2010, quando Yara Gambirasio fu uccisa. Nessun dettaglio su orari e spostamenti, «non ricordo se quella sera era con me e cosa facesse».

Anche a Brembate di Sopra, dove gli investigatori hanno cercato di ricostruire le frequentazioni dell'operaio edile, si prendono le distanze. Bossetti non è di Brembate, dicono i negozianti che fino all'altro giorno lo servivano. Edicolante, barista, centro estetico dove l'uomo si faceva le lampade e i colpi di sole. Si ricordano quegli occhi di ghiaccio, nulla più. Lo stesso ritornello a Sotto il Monte, il paese di Papa Giovanni che si trova a pochi chilometri dalla contrada in cui vive Massimo Bossetti. Nella frazione della Botta, dove sorge la chiesa frequentata dalla famiglia, regna lo sgomento. Il parroco, don Claudio Dolcini, è andato a trovare la suocera di Bossetti portando la solidarietà della comunità.

Ieri pomeriggio ha celebrato la messa nel cimitero del paese sotto minacciosi nuvoloni neri invitando a pregare per quella famiglia così provata ed evitare i sensazionalismi, «magari guardando un po' meno televisione». «Ho trovato un'anziana cui è caduto il mondo addosso - dice - travolta da una tempesta che ci colpisce tutti. Anche i vicini volevano sentire la vicinanza di un prete. Ho parlato loro della presenza del male nella nostra vita e della necessità di essere uomini di bene. Senza la grazia di Dio saremmo tutti dei malfattori».

Il male e il bene, l'inferno e il paradiso. Due mesi fa don Claudio era in piazza San Pietro per applaudire Roncalli santo, oggi è circondato da gente che gli chiede il perché di tanto dolore e di tanta falsità.

A Chignolo d'Isola, nel terreno incolto dove fu trovato il cadavere decomposto di Yara tre mesi dopo la morte, è sparito il piccolo memoriale costruito da mani pietose.

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