Vendola prova a schivare l'ennesima inchiesta

Avviso di garanzia al "suo" sindaco Stefàno. Il governatore chiamato dalla Procura pugliese perché "informato sui fatti". Ma restano le telefonate scomode...

Il governatore della Puglia, Nichi Vendola
Il governatore della Puglia, Nichi Vendola

Taranto - Il (sesto) senso di Nichi per le indagini. Tra le indiscutibili qualità del narratore della politica pugliese c'è la straordinaria abilità nel prevedere, schivare, gestire mediaticamente e politicamente gli imprevisti giudiziari. Preveggente per gli affari suoi, per quelli degli avversari (all'ex governatore Fitto nel 2005 preannunciò in tv un'inchiesta appena avviata) e per i fedelissimi che una volta nei guai, però, puntualmente rinnega. Vecchi e nuovi detrattori ipotizzano l'esistenza di santi in procura, e la recente polemica del pm che se l'è presa col giudice che ha assolto Vendola «perché amico di sua sorella», non ha fatto altro che amplificare la leggenda degli angeli custodi con la toga sulle ali. Sarà. In quest'ultimo procedimento, dopo anni di rapporti di un certo tipo con l'Ilva (è un must l'intercettazione sullo «state tranquilli, il Presidente non si è scordato, non si è defilato» oppure il suo invito a «frantumare» il dirigente che certificò le emissioni velenose) Vendola cambia improvvisamente atteggiamento e si ritrova a vestire i panni del censore dopo aver parlato di «modello Ilva da esportare all'estero» e fatto approvare una legge regionale che, di fatto, non aveva ridotto neanche un po' l'emissione delle diossine siderurgiche. Lo stesso farà il sindaco vendoliano Ippazio Stefàno, da ieri indagato.
Per chiarire questo ed altro la procura dei due mari ha deciso di spedirgli a breve un invito a comparire per essere ascoltato come persona informata sui fatti, dunque obbligato a dire la verità. È l'ennesimo fuoriprogramma giudiziario dopo le devastanti inchieste sulla sanità che hanno travolto i politici più vicini a Lui costringendo il pm Desiree Digeronimo ad ammettere che «con Vendola al potere ormai non c'è più spazio per la legalità». Dove non arriva la chiaroveggenza, accorrono i pm con una encomiabile «sensibilità istituzionale». Per non inquinare le primarie Pd i magistrati di Taranto hanno scelto di procedere con gli arresti dell'Ilva, e dunque al relativo deposito degli atti con le imbarazzanti telefonate di Nichi, a seggi appena chiusi. I colleghi di Bari hanno fatto altrettanto. Constatato il flop elettorale del Nostradamus del Tavoliere gli hanno spedito l'avviso di proroga delle indagini per peculato, abuso d'ufficio e falso per il maxi-salasso all'ospedale Miulli di Acquaviva (Bari). Certo, questa dell'Ilva non è certo la replica dell'assessore-senatore Tedesco che tre giorni dopo la notizia Ansa del suo coinvolgimento venne ragguagliato da Vendola sull'esistenza (nessuno ne aveva mai parlato) di molte intercettazioni a suo carico. E nulla c'entra con i sospetti per la vicenda dello stesso assessore che al sindaco Emiliano rivelò che Nichi lo teneva «sotto scacco» con delle «carte».

Men che meno ha a che fare con il fastidio per la costruzione dell'ospedale con l'amico Don Verzè, ovviamente rinnegato fuori tempo massimo. È un'altra storia. Appena cominciata, difficile da indovinare, ancora tutta da narrare.

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