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"La violenza è scritta nel dna del centro sociale torinese. Siamo quasi alla lotta armata"

L’ex procuratore generale Francesco Saluzzo: "Godono di coperture politiche, non si fermeranno"

"La violenza è scritta nel dna del centro sociale torinese. Siamo quasi alla lotta armata"
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Vedendo le immagini della guerriglia di due giorni fa non ha dubbi Francesco Saluzzo, ex procuratore generale di Torino, profondo conoscitore, nelle aule giudiziarie, dell'antagonismo torinese, delle frange violente del movimento No Tav, dello stesso Askatasuna: «Siamo ai limiti della contrapposizione armata con le forze dell'ordine».

Era scontata quella reazione a seguito dello sgombero?

«Askatasuna ha sempre avuto come cifra quella della prova muscolare nei confronti delle istituzioni, è il suo Dna. Non sono minimamente sorpreso, hanno messo in campo tutto il loro potenziale aggressivo e violento».

C'è un rischio escalation nelle prossime settimane?

«Non si può sapere, ma ci potrebbe essere una chiamata a raccolta da altre parti d'Italia di elementi dell'area dell'antagonismo per potenziare la capacità offensiva e di attacco. Io non credo che si fermeranno».

In molti, lo stesso Comune di Torino, che ha tentato un percorso per riportare il centro sociale nella cornice della legalità, dicono che Askatasuna non è solo violenza, e che ha fatto tanto per il territorio.

«Sicuramente nel quartiere ha un certo consenso perché ha svolto attività sociali ma trovo difficile disgiungere queste dalla violenza. Riconosco al sindaco Lo Russo le migliori intenzioni per cercare di sanare una situazione che si trascinava da decenni. Io avevo detto che quel patto mi sembrava una scommessa persa in partenza, perché se accettassero di mettersi in una cornice di legalità dovrebbero rinunciare alla loro ragion d'essere, la contrapposizione violenta contro lo Stato. Perderebbero anche consenso tra gli altri movimenti antagonisti».

In molti parlano di coperture politiche. Ci sono state e ci sono?

«L'antagonismo se è ideologico è una cosa. Ma qui non è la culla di un pensiero elevato, è un antagonismo che mena, cagiona lesioni, incendia. Le coperture politiche le offre una certa sinistra così come una certa destra con Casapound. Non va bene in tutti e due i casi. Sono simpatie politiche, ma se coprono movimenti violenti sono inaccettabili».

Il maxi processo ad Askatasuna si è chiuso nei mesi scorsi con la caduta dell'accusa più grave, l'associazione a delinquere.

«Io ho espresso le mie perplessità conoscendo Askatasuna, la sua composizione. Mi sembrava che i requisiti per contestare l'associazione per delinquere ci potessero essere, il giudice ha deciso diversamente. Ma Askatasuna è una struttura, e una struttura non è mai senza capi e senza un'organizzazione. Il collettivo ha il potere di decidere le azioni e di imporre ai sodali di partecipare. La struttura c'è ed è anche verticale».

Sempre più spesso nelle manifestazioni violente riconducibili ad Askatasuna vengono fermati minorenni. C'è una sorta di proselitismo?

«La criminalità minorile è un fenomeno in espansione, che affonda radici nel disagio. Questa vasta prateria di minori pronti, con i loro gruppi, a commettere reati, può costituire per Askatasuna un serbatoio nel quale trovare nuovi aggregati. Intercettano una certa voglia distruttiva. Il rischio è che si rinforzino nei numeri e nella capacità aggressiva».

Lo sgombero andava fatto prima?

«Sicuramente. Ma anche in 20 anni di governo centrodestra non è mai stato sgomberato. L'amministrazione cerca sempre una via mediana».

La violenza nei confronti degli agenti ha fatto un salto di qualità?

«Ci sono state negli anni azioni di una gravità inaudita da parte delle frange violente dei no Tav. Ma i reati che si contestano in questi casi, come resistenza o lesioni, portano a sanzioni modeste.

E' difficile provare le responsabilità individuali, quando di fronte hai cento persone che avanzano e lanciano pietre. Le sanzioni modeste li incoraggiano sempre di più ad azioni eclatanti, come l'irruzione a La Stampa».

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