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Da Voghera a Canicattì l'atlante della rivolta contro i luoghi comuni

Amatrice ha lanciato la battaglia. Ma sono tanti i paesi intrappolati in ingiusti stereotipi nati da storia, cinema o libri

Da Voghera a Canicattì l'atlante della rivolta contro i luoghi comuni

Piccolo atlante semiserio dei luoghi comuni italiani. Dove i luoghi sono proprio posti condannati a uno strano e spesso poco glorioso destino da un qualsiasi accidente. Tutto nasce dalla prima località, da un sugo e da un sindaco.
Amatrice. Ecco, appunto. Il sindaco di questa cittadina arrampicata alla cuspide tra 4 regioni (ma ben dentro i confini del Lazio) un paio di giorni fa ha confessato a noi del Giornale l'intenzione di querelare chiunque intenda continuare a usare «all'amatriciana» come sinonimo di cialtronesco, raffazzonato, provinciale. Sugose alternative senza risarcimento danni: «ajo&ojo», «alla Carbonara», «alla Gricia». «Alla puttanesca» meglio di no, il rischio querela esiste anche là.
Canicattì. Comune siciliano sinonimo di località sperduta anche a causa del buffo nome con comica troncatura finale. E sì che trattasi di paese né piccolo (fa 35mila abitanti) né privo di vanti: tra essi l'uva e gli avi di Ben Gazzara.
Caporetto. Forse è una fortuna che questa località isontina teatro di una lugubre sconfitta italiana nella Grande Guerra appartenga ora alla Slovenia (e si chiami Kobarid). Se fosse entro i confini italiani, come fino al 1947, il sindaco potrebbe querelare chiunque usi il brand come sinonimo di disfatta senza riscatto. Ma col risarcimento.
Cuneo. «Ho fatto il militare a Cuneo», diceva Totò per dimostrare di essere uso di mondo. Una frase che ha condannato la «capitale» della Provincia Granda a una discutibile fama da Bengodi da quattro soldi.
Domodossola. Il destino nell'iniziale. «D come Domodossola» è la formula che generazioni di centralinisti hanno selezionato per la quarta lettera dell'alfabeto dopo duro casting con Desio, Deruta e Desenzano sul Garda. Che poi chi usa il nome della cittadina per lo spelling del codice fiscale non sappia dove essa si trovi è il destino degli eroi per caso. Ah, a proposito: è in provincia di Verbano-Cusio-Ossola. Cioè dove?
Eboli. Qui si fermò Cristo secondo Carlo Levi, ivi esiliato dal regime fascista. Titolo troppo bello per non essere parafrasato dai giornalisti a ogni bisogna. Alcuni colleghi toscani sono addirittura convinti che «Cristo si è fermato a Empoli»
Roncobilaccio. Duecentocinquantotto abitanti e una sola gloria per questa frazione di Castiglione dei Pepoli (Bo): il casello autostradale citato ogni dì da Ondaverde infilato anche in una canzone di Venditti (Bomba o non bomba). La gloria, a volte, si paga con il Telepass.
Sanremo. La capitale della musica leggera italiana ha dato al vocabolario italiano l'aggettivo «sanremese», volendo significare in modo snob una canzone nazionalpopolare e quindi di bassa qualità.
Sgurgola. Piccolo comune ciociaro che nel pensiero dei romani è abitato da pastori arretrati e poco scolarizzati. «Ma che vieni da Sgurgola?», chiede sghignazzando lo spiritoso di turno, mostrando ben altra levatura culturale.
Trento. Vi pare facile vivere in uno scioglilingua? A trentatré suoi abitanti (tutti trotterellanti) certamente no.
Voghera. La locale casalinga è un topos letterario con molti padri. Alberto Arbasino ne rivendica la creazione, Beniamino Placido la riscoperta, Nanni Moretti la spostò a Treviso e la infilò in Sogni d'Oro. Ma tutto nacque da un'indagine Rai del 1966 secondo cui la categoria che meno capiva i pastoni politici dei tg era proprio la massaia dell'Oltrepò Pavese. Che ora, magari, veste Prada.
Zagarolo. L'anti-Parigi del cinema italiano. Ultimo tango a Zagarolo fu intitolata la parodia pecoreccia del capolavoro di Bertolucci e tanto bastò per rendere immortale questo grazioso comune alle porte di Roma.

Poi, molti anni dopo, qui arrivò anche Milingo, monsignore in odore di esorcismo; e pensando all'Esorciccio, altra parodia di Franchi&Ingrassia, venne facile concludere che la realtà fa molto più ridere della finzione.

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