Ma gli intolleranti sono loro

Fino a poco tempo fa, quella nuova e ormai dominante religione che è il “politicamente corretto” contemplava solo due categorie non protette: i cacciatori e i fumatori. In una società in cui qualsiasi comportamento individuale è considerato un diritto sacro e inviolabile (di drogarsi, di abortire, di utilizzare embrioni come pezzi di ricambio, di riprodursi affittando ovuli, uterie spermatozoi di sconosciuti) solo chi sparava a un fagiano o fumava una sigaretta era considerato indegno d ifar parte del mondo civile; e indegno anche di qualsivoglia difesa su giornali o tv. Da qualche tempo, una terza categoria di persone è ufficialmente entrata nel novero degli impresentabili: quella dei cosiddetti “omofobi”.

Dove per “omofobi” non si intende – come l’etimologia vorrebbe – coloroche hanno paura dell’omosessualità, o, per estensione, coloro che hanno atteggiamenti discriminatori nei confronti degli omosessuali; ma anche chiunque si azzardi a dire, ad esempio, che è meglio che un bambino abbia un papà e una mamma piuttosto che due papà o due mamme.

Ho fatto questa non breve premessa per spazzare via il campo da ogni ipocrisia: la reazione provocata dalla canzone di Povia non ha nulla a che vedere con il diritto di ciascuno di vivere la propria sessualità secondo le proprie inclinazioni e i propri desideri; né tantomeno è dovuta a una legittima difesa contro una discriminazione. È, molto più semplicemente, una questione ideologica. Perché di questo ormai si tratta: l’omosessualità è uscita dal suo contesto ordinario, che dovrebbe essere quello dei comportamenti privati, per essere brandita come un’ideologia.

Chi offende, infatti, la canzone di Povia? Nessuno. Di quel brano, oltretutto, non si conosce neppure il testo. Ma già il titolo, “Luca eragay”, fa supporre che si parli di qualcuno che era omosessuale e che ora non lo è più: il che fa supporre un’altra cosa, e cioè che l’omosessualità può essere originata, oltre che da una predisposizione genetica, anche da fattori ambientali, psicologici, relazionali. E allora? Che cosa c’è di offensivo in un’ipotesi del genere?

Ma poi: un altro dei totem del “politicamente corretto” è la libertà di espressione senza se e senza ma. Si dice, si scrive e si canta di tutto. Però che un omosessuale possa diventare eterosessuale no, accidenti, è troppo grossa e troppo grave: l’Arcigay è pronta a boicottare Sanremo e a silenziare Povia. Un’altra prova che l’omosessualità è ormai diventata un’ideologia usata perfini che non hanno nulla a che fare con la difesa degli omosessuali, è la terminologia usata dagli scandalizzati accusatori di Povia: “canzone clerico-reazionaria”, hanno detto.

Il bersaglio è dunque la Chiesa cattolica. Curioso: gli omosessuali sono stati perseguitati dalle grandi ideologie anticristiane del XXsecolo, il nazismo e il comunismo (nella Cuba tanto esaltata dall’Arci, i gay continuano a finire in galera) e lo sono tuttora da quell’islam in ossequio al quale qui da noi non si fanno i presepi a Natale. Aggiungiamo pure, tanto per fare un altro esempio politicamente scorrettissimo, che in Israele l’omosessualità fra maggiorenni consenzienti ha cessato di essere un reato penale solo nel 1988, centodueanni dopo la “clericale” Italia.

Eppure, il marchio di infamia da appiccicare in questi casi è quello: “clerico-reazionario”.La colpa della Chiesa è quella di difendere la famiglia tradizionale (possiamo dire “naturale” senza che qualcuno ci accusi di omofobia?) ed evidentemente è questo – e non la lotta contro discriminazioni che non ci sono più da un pezzo– a dare fastidio alla nuova ideologia.

È probabile, anzi prevedibile, che il festival di Sanremo prenderà le distanze, e che Povia modificherà o ritirerà la canzone, non prima di avere chiesto scusa. Così, il politicamente corretto sarà rispettato. Con una bella censura. In nome della libertà.

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