Roma

Investì e uccise una ragazza: sconterà solo un anno e 2 mesi

«È una condanna troppo lieve e vergognosa». Sono disperati i genitori di Emanuela Panetti, la ragazza di 28 anni rimasta uccisa il 5 novembre 2008 in un incidente stradale. Non accettano che la giovane, che investì e uccise la figlia, è stata condannata su patteggiamento a un anno e due mesi di reclusione per omicidio colposo, con la sospensione della patente per sei mesi.
La ventiduenne quella sera percorreva con la sua auto una strada vicino via Ardeatina e andava più velocemente di quanto le condizioni della strada permettevano. Omettendo di rispettare l’obbligo di dare precedenza, investì la Smart a bordo della quale viaggiava Emanuela Panetti. Dall’incidente, quest’ultima, riportò lesioni di tale gravità che il giorno successivo morì.
«Oltre alla disperazione per la perdita della nostra unica figlia di 28 anni, sposata da poco più di un anno - dicono i genitori - abbiamo ricevuto l’ulteriore dolore per una condanna così lieve che peraltro l’imputata non sconterà mai. Anzi fra qualche mese le restituiranno pure la patente. Vorremmo far sentire la nostra voce. Ma chi ha ucciso nostra figlia ha patteggiato la pena e, davanti a un giudice così tenero, non abbiamo potuto dire nulla durante le fasi del processo. Non ci restano che gli organi di stampa per fare emergere rabbia e indignazione».
«I genitori di Emanuela Panetti - aggiunge l’avvocato Andrea Salustri, legale della famiglia - di fronte a una condanna così esigua, s’interrogano su quale sia il valore di una vita umana per le Istituzioni italiane e per i giudici di questo Paese. Con ogni probabilità, non avranno mai alcuna risposta, ma soltanto un senso di ingiustizia.

Non è concepibile, in uno Stato come il nostro, che per un delitto così grave come l’omicidio, sia pure colposo, siano inflitte pene così lievi, a fronte delle sanzioni assai più rigorose applicate per crimini di modesto rilievo».

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