Ma ormai chi lo ferma più. Al Bano ha la stessa età di Mick Jagger dei Rolling Stones (74 anni appena compiuti) e come lui rimane inarrestabile. Concerti. Interviste. Apparizioni televisive. E qualche guaio fisico. «Lo sapevo che il 2017 sarebbe stato un anno un po' incerto» sorride ora ripensando a quel tris di acciacchi più o meno gravi concentrati in pochi mesi. «L'effetto del 17 si è sentito già alla fine del 2016: ho avuto un piccolo infarto». Risultato: ha battuto il premier Gentiloni - appiedato dallo stesso guaio nello stesso periodo - per due «stent» a uno. Poi una lieve ischemia per la quale, dice, ha avuto più paura. E infine un edema alle corde vocali, imprevisto tipico di chi usa la voce senza risparmiarsi mai come lui. «Grazie a Dio ora sto benissimo», conferma in auto mentre sta raggiungendo Cattolica per l'ennesimo concerto. Con Romina Power o no? «Sì, qui sono con Romina, ma se mi vogliono da solista, vado da solista perché, non dimenticatelo, io ho iniziato da solista e lo sono rimasto nonostante la collaborazione con la mia ex moglie» si inasprisce con il piglio tipico di chi si è costruito da solo e ci tiene a ricordarlo. Vero, ha iniziato da solista, scoperto dalla casa di produzione affiliata al clan Celentano. Nel giro di pochissimo tempo però la carriera l'ha portato a Romina, che ha conosciuto sul set di «Nel sole», film tratto dal suo primo brano di successo. Un destino artistico e sentimentale intrecciato per oltre trent'anni, che ha fatto sognare tutta Italia. Lei, bella, fresca e con quei capelli che da soli riempivano il palco. Lui, sicuro, voce incredibile e sguardo vibrante. Con Romina è tornato ad esibirsi nel 2013 dopo 16 anni (l'ultima esibizione assieme era stata del 1997 in Brasile davanti a papa Giovanni Paolo II). Oggi oltre alla voce obiettivamente potentissima, il bello di questo stakanovista ultrasettantenne è di essere rimasto indomabile: «Ah, nel 2017 è anche caduta mia mamma, ha 94 anni ma per fortuna ora ha ripreso a camminare».
Insomma, caro Al Bano, in famiglia non si perde l'abitudine di correre.
«Mio padre è tornato dalla Guerra e mi ha insegnato così tanto che a quattordici anni ero già adulto».
Al punto da andarsene a vent'anni dalla sperduta Cellino San Marco per arrivare al Nord.
«Destinazione Milano. Quanta solitudine! Non avevo nessuno, niente famigliari, niente amici, e per chi viene da un paese come il mio era davvero difficile ritrovarsi da soli in un posto così lontano e diverso inseguendo un sogno. Però a 22 anni cantavo già come spalla di Adriano Celentano, a 24 il mio primo disco. E poi tutto è venuto di conseguenza».
Nel '65 non avrebbe mai potuto immaginare che 52 anni dopo si sarebbe «tolto» da quella cosa chiamata social network.
«Sono esasperato dalla campagna d'odio contro di me e contro la mia famiglia».
In effetti c'è una nuova categoria sociale non ancora contemplata dall'Istat: gli «haters» che trascorrono il tempo a insultare gratuitamente i personaggi famosi.
«Come ho già detto, la loro è una democrazia senza quelle basi di umanità e signorilità a cui attingere quotidianamente. Lo scrittore William Butler Yeats aveva previsto che il mondo sarebbe diventato sempre più feroce».
Bei tempi quando la felicità era «un bicchiere di vino con un panino».
«Con Romina abbiamo iniziato ufficialmente a cantare insieme nel 1981. Da quell'anno fino al 1993. Ci sono stati successi enormi, sia in Italia che in Europa o in Sudamerica. Poi tra noi tutto è finito anche dal punto di vista personale. Non avrei voluto che succedesse tutto quello che è accaduto, alcune ferite sono inguaribili ma ormai va bene così».
Ormai avete recuperato un rapporto civile e sorridente. Anche in questo la coppia Al Bano e Romina rimane di esempio.
«Lei è la mamma dei miei figli e quando c'è bisogno ci sentiamo. Oltre, naturalmente, a cantare insieme. Ma le prime volte che sono tornato a Cellino da solo nella casa dove avevamo abitato per così tanti anni mi sembrava di essere in un cimitero, non nel posto più importante della mia vita. Era deserto, e per me, per un uomo come me attaccato alla propria terra e alle proprie tradizioni, è stata una sofferenza enorme. Poi Romina ed io abbiamo iniziato a litigare tramite avvocati ma anche quella fase è per fortuna conclusa».
Nel 2014 avete ripreso a esibirvi insieme.
«Diciamo che dopo aver cantato molto nelle aule di tribunale, abbiamo preferito farlo sui palcoscenici, ci divertiamo molto di più e l'atmosfera è sempre bella».
Mentre viaggia verso Cattolica, Al Bano conserva sempre l'entusiasmo smarrito del debuttante. Proprio lui che ha avuto il primo grande successo nel 1967 con Nel sole, arrangiata da Detto Mariano, che rimase per un mese al primo posto della classifica e lo «incoronò» come nuovo Claudio Villa. Dopotutto l'impostazione vocale poteva aiutare la similitudine, anche se Al Bano ha un timbro più colorito, meno melodrammatico e più incisivo. Da allora ha comunque girato il pianeta come un satellite, cantando ovunque, diventando una star in zone come la Russia o il Sudamerica dove di solito i cantanti italiani sono dei signori nessuno. A fine mese canterà a Budapest davanti a Putin ai Mondiali di judo e ha ricordato di conoscerlo dal 1986: «Quando era capo del Kgb di Leningrado volle una foto con me, sa che ha un debole per l'Italia? Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe arrivato là». E chi l'avrebbe detto che il figlio di Carmelo sarebbe diventato un'icona dell'italianità pop?
Cosa direbbe suo padre oggi?
«Direbbe quello che mi ha sempre detto: ogni essere umano deve essere un lottatore. Lui è tornato dalla guerra dopo essere stato picchiato dai fascisti, dai nazisti e dai pidocchi che assalivano qualsiasi essere umano abbandonato a se stesso. Una volta a casa, mi ha insegnato tantissimo e, nella sua forza, io provo ancora oggi a rispecchiarmi. Con lui, che era agricoltore, ho iniziato a cantare e a suonare la chitarra in giro dalle mie parti».
Poi però ha deciso di abbandonare tutto e andare a fare il metalmeccanico alla Innocenti vicino a Milano.
«Ero all'avventura e c'erano molte difficoltà. Ma mai arrendersi».
Dopo poco tempo era sul palco del Festival di Sanremo forse più difficile della storia: quello del 1968 dopo la morte di Tenco. Forse per lei il più difficile è stato quest'anno.
«Dopo l'infarto, sono uscito dalla sala operatoria dove avevo assistito all'operazione da sveglio, e tutti piangevano. Gli amici, i famigliari. Allora ho sbottato: Oh cazzo, ma mica sono morto. E sono ripartito. Nella disgrazia mostro sempre la mia faccia migliore, quella di chi reagisce e non si piega».
Ha anche una grande resistenza al gossip. Prima con Romina e poi con Loredana Lecciso. Su di lei hanno riempito pagine di giornali e palinsesti tv.
«Intanto chiariamo una cosa: la signora Loredana non ha usurpato nulla, come sento ancora dire. Ha riempito un vuoto gigantesco che si era creato nella mia vita. È arrivata in un momento nel quale intorno a me, a casa mia e nelle zone che avevo frequentato per decenni, sentivo soltanto l'eco delle cose passate».
Nel tempo ha confermato di essere una lottatrice che le vuole molto bene.
«Io con una stupida non mi sarei mai messo eh!». (sorride, ndr)
Poi però anche voi avete avuto una crisi. Perché?
«Lo chieda a lei che cosa è successo».
Per ora basta il parere di Al Bano...
«Ha fatto delle cose che hanno sviato il nostro rapporto. Forse la sovraesposizione, forse altri casini. Io, che la so più lunga, le ho subito detto: Fai quel che ti pare ma non contare su di me».
Poi però tutto è rientrato.
«E oggi è anche la mamma di due miei figli».
Le sue apparizioni pubbliche ora sono «da signora Carrisi», molto più contenute e assai «materne». Anche a Sanremo, dopo la sua eliminazione.
«L'ho detto tante volte, è vero che nella prima sera non ho cantato all'altezza. Ma la canzone è così bella, oltretutto scritta dal bravissimo Maurizio Fabrizio, che è stato un errore eliminarla. Di certo non posso essere d'accordo con il giudizio della giuria tecnica».
A Sanremo ha anche cantato una cover di Celentano, Pregherò.
«E lui mi ha fatto subito i complimenti per telefono. Adriano ed io ci sentiamo ogni tanto, abbiamo ricordi in comune di quel periodo degli anni Sessanta nel quale io iniziavo a muovere i primi passi e alla sera dopo il concerto poi cenavo con il suo gruppo».
Al Bano, se si dà un'occhiata ai suoi prossimi concerti, è praticamente un tour mondiale. A settembre in Svizzera, a ottobre in Bulgaria, a dicembre in Canada...
«Ma non c'è solo quello. Sono anche padre e imprenditore».
Com'è la sua giornata quando non canta in qualche città?
«Intanto seguo i miei figli, ed è una gioia. E poi ho quattro aziende da mandare avanti, e non è così semplice. Bisogna decidere, organizzare, capire. Un albergo, una pizzeria, un ristorante e la vinicola».
Bello che la chiami «la vinicola».
«L'anno scorso abbiamo prodotto un milione e trecentomila bottiglie».
Di quali vini?
«Quelli del posto. Il Primitivo. Il Negramaro. Il Fiano. Ma questo ne voglio produrre di più e il primo ottobre parte un'altra azienda».
Specializzata in che cosa?
«Sempre vinicola. Voglio arrivare a produrre cinque milioni di bottiglie ogni anno. E abbiamo anche iniziato a fare i passi per ottenere la certificazione di biologico».
È molto richiesta.
«In realtà ci avevo già iniziato a pensare dodici o tredici anni fa, quando ha preso piede questo modo di intendere l'agricoltura. Ma è un processo molto complesso».
Chissà l'orgoglio di sua mamma Iolanda.
«E lo sa che girano un docufilm sulla sua vita?».
Questa è una notizia.
«Tra un concerto e l'altro parteciperò anche io alla realizzazione di questo progetto di Retequattro che racconta mia mamma da quando aveva 18 anni fino a oggi».
E la signora Iolanda reciterà?
«Certo che sì, darà la testimonianza di immagini di repertorio e di episodi della sua e della nostra vita».
La vita di Al Bano ormai fa parte dell'immaginario collettivo. Ma oggi che cosa applaude il pubblico quando viene a un suo concerto?
«Bisogna distinguere. Quando hai un pezzo bello e recente, la gente ti applaude soprattutto per quello. Poi, dopo tanti anni, applaude anche ciò che sei e che cosa rappresenti».
Lei rappresenta un cantante che ci ha messo la faccia e che non ha mai tradito se stesso, anche quando sarebbe stato più facile farlo.
«Ci ho provato».
Che cosa le ricorda l'otto aprile 1967?
«Il concerto dei Rolling Stones al Palalido di Milano nel quale ho cantato anche io prima che arrivassero loro».
Non capita a tutti.
«E non è finita qui, parola di Al Bano».
Che, appunto, ha la stessa età di Mick Jagger e la stessa voglia di rimanere dietro al microfono.
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