da Roma
Dall’altro lato dell’Atlantico, a New York, la polemica innestata dalla «dieta liquida» di Giuliano Ferrara per reclamare una moratoria sull’aborto arriva un po’ attutita. «Ma naturalmente ho seguito il diario di Giuliano sul blog, e letto i giornali italiani quando li trovavo», spiega Anselma Dell’Olio, moglie del direttore del Foglio, dalla sua casa di Manhattan.
E che idea si è fatta di questa iniziativa e del clamore che ha suscitato?
«Guardi, io sono una femminista, che a suo tempo ha combattuto per la legalizzazione dell’aborto nello stato di New York. E anche a quell’epoca ripetevo sempre: attente, perché se entriamo sul terreno morale, della vita e della morte, questa battaglia la perdiamo, perché l’aborto diventa indifendibile. Se partiamo dal presupposto che si tratta solo di un grumo di cellule che non c’è niente di male ad eliminare, siamo sconfitti. Perché quel grumo può diventare persona, e ognuno di noi è stato solo un grumo. Non può essere questo l’argomento».
Dunque ci ha ripensato, vuole anche lei vietare l’aborto?
«Assolutamente no. Io la penso come Hillary Clinton: l’aborto deve essere “safe, legal and rare”. Sicuro, legale ma anche raro. E credo che sia Giuliano che Bondi, che conosco entrambi bene, non chiedano di abolire o cambiare drasticamente la legge 194. Sanno, come so io, che la maggioranza assoluta delle donne è favorevole al diritto di aborto, e che toglierlo vorrebbe solo dire tornare ai ferri da calza e alle mammane. E secondo me lo sa anche Ruini, che pure per il suo ruolo tiene una linea assolutista. In realtà pongono un altro problema».
Quale?
«Vogliono aprire una riflessione morale sugli sforzi da fare per evitarlo il più possibile, l’aborto. Di qui nasce la provocazione di Giuliano, che chiede di estendere la moratoria della pena di morte anche ai non nati: uccidere un feto, di per sé innocente, non è almeno equivalente ad uccidere un assassino conclamato? Ci sono tantissime donne che, se avessero incontrato qualcuno pronto a dar loro una mano, il figlio se lo sarebbero tenuto. Nessuna femminista, nessun difensore della 194 si è mai occupato di questa solitudine delle donne, che spesso le spinge ad una scelta che non vogliono. E invece è ora di farlo».
Non crede che un buon modo per alimentare la «moratoria» sarebbe una maggior cultura della prevenzione anticoncezionale?
«Certo: gran parte delle donne che abortiscono, in Italia soprattutto immigrate e ragazze, non conoscono e non usano i contraccettivi. E denunciare che l’aborto sta diventando un orrendo sistema di controllo delle nascite serve anche a sensibilizzare su questo».
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