(...) con la brina sui prati e quellaria frizzante che ti fa persino dimenticare di essere a Milano. Insomma è una di quelle domeniche da passare in un parco, appunto, oppure facendo colazione in un bar allaperto. E invece? Invece no. Perché una delle prime regole che un marines deve imparare è che non si torna indietro, mai. E una volta iniziato lallenamento non cè modo di svignarsela. Puoi pure arrivare a fine giornata strisciando sui gomiti, puoi anche implorare i tuoi istruttori di darti un minuto di tregua perché hai bisogno di riprendere fiato. Niente da fare. «Qui non sono ammesse defezioni. Non esiste dire non ci riesco, non ce la faccio, sono stanco. Quello che vivrete da ora in avanti, è una nuova era. Capito?». Capito.
Colombiano, un fisico scolpito da 25 anni passati come istrutture, Dorman non ammette repliche, è lui il nostro sergente di ferro per un giorno. Ci conta, siamo in quindici, ragazzi e ragazze arrivati da tutta Italia. Per loro significa un attestato in più per poter insegnare questo nuovo modo di fare ginnastica, lultima frontiera del fitness che promette di raggiungere risultati eccellenti in tempi brevissimi. Sono convinti, agguerriti, determinati a portarsi a casa questa sporca giornata di fatica, ad ogni costo, loro. E lo si capisce semplicemente guardando labbigliamento: pantaloni militari, occhiali a specchio e anfibi. Si parlano in gergo e io, unica profana in mezzo ad un plotone di soldati, non faccio altro che chiedermi cosa mi aspetterà e quanto durerà... Poi capisco che è meglio risparmiare il fiato.
Ci dividono in squadre, la competizione è unaltra componente fondamentale dellallenamento, e ad ogni gruppo assegnano un capo. Lo dobbiamo seguire come unombra, tutti in fila indiana, guai a chi resta indietro. Quindi si parte, di corsa ovviamente. Cento, duecento metri, il sergente dà il ritmo. Urla contro il gruppo perché ripetano le sue parole sempre più forte. «Non vi sento, di più. Di più» e i marines che rispondono. Ma come fanno ad avere il fiato per gridare? Una prima collinetta da superare salendo a quattro zampe e poi un prato in piano dove ci fermiamo. Magari è una sosta, magari ci danno il tempo di prendere un attimo di respiro. Macché. Il sergente numero due ci spiega gli esercizi che da lì a poco dovremmo fare. Promette che è solo un riscaldamento e che quello che verrà dopo sarà il vero allenamento. I miei capi squadra controllano che il gruppo funzioni e che dia il massimo. Scatti, allungamenti, flessioni e poi ancora corsa sui palmi delle mani. Il prato è bagnato e si scivola, lunico modo per non finire a faccia in giù è conficcare le mani nella terra sperando di riuscire ad aggrapparsi a qualche ciuffo di erba. Passa mezzora e Dorman ci concede quattro minuti di corsa di alleggerimento.
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