"Io, la mia Sicilia e un frullatore Ho conquistato Milano coi pesti senza aglio né cipolla"

Il cuoco palermitano, dopo anni a Roma, spopola anche nel locale di piazza Risorgimento. Con strumenti semplici

"Io, la mia Sicilia e un frullatore Ho conquistato Milano coi pesti senza aglio né cipolla"

Oste e cuoco, è scritto sotto il suo nome, nel ristorante aperto un paio di anni fa a Milano, in piazza Risorgimento, nel luogo in cui era il locale di altri due grandi siciliani contemporanei, Dolce e Gabbana e il loro Gold. Altra tappa della sua risalita dell'Italia - dopo Palermo e Roma - e dell'intera vita. Oste perché «l'oste ti recitava il menu», cuoco perché «il cuoco utilizza i prodotti di stagione». Nessun riferimento alla parola chef, che non piace a Filippo La Mantia.

Filippo è il più famoso cuoco italiano non stellato. Lo affermiamo noi con buona certezza dopo aver condotto un breve informale sondaggio tra colleghi e gourmet. A lui gli onori delle guide non sono mai interessati, non per snobismo ma perché la sua è una cucina semplice, per qualcuno perfino ripetitiva, siciliana nel midollo (lui è nato a Palermo nel 1960), nata tra i fornelli di un istituto alberghiero ma nelle fredde celle del carcere dell'Ucciardone, dove Filippo fu carcerato negli anni Ottanta.

Come fu che Filippo finì in galera come mafioso è stato raccontato mille volte. Il suo nome uscì come affittuario dell'appartamento da cui i killer di Cosa Nostra spararono uccidendo il commissario Ninni Cassarà il 6 agosto 1985. Ma lui quella casa l'aveva lasciata tempo prima. La giustizia ci mise del tempo ad accorgersi dell'erroruccio ma nel frattempo Filippo, che era un fotoreporter affermato nella Palermo che allora dava molto materiale alle cronache dei giornali, aveva deciso di mettere a frutto l'esperienza, iniziando a cucinare per i compagni di prigionia. Anni dopo cucinerà per re e per potenti, ma lui (che magari finge bene) non sembra aver mai dato molto peso alla differenza.

Filippo, da Roma a Milano sono cambiate tante cose tranne una: il tuo ristorante è sempre pieno.

«Non me lo aspettavo, pensavo di metterci più tempo a conquistare questa città impegnativa. E invece è stato un grande successo quasi da subito, il ristorante è sempre pieno dalla mattina alla sera. Devo solo rivedere un po' di cose, Milano mi mette un'ansia da prestazione...».

Eppure non sei nuovo ai riflettori. Per anni hai lavorato al Majestic di Roma, in via Veneto.

«Io a Roma devo tutto, è lì che ho potuto trasformare la mia passione in un lavoro. Ma a Roma tutto è più facile, i clienti sono meno esigenti, e poi si portano il lavoro al ristorante, così non c'è questo interesse assoluto nei confronti del cibo. A Milano invece si va al ristorante per prestare attenzione al cibo, si è diffidenti. Da qui la mia ansia da prestazione»

In genere gli chef utilizzano strumenti sofisticati e difficili da trovare nelle cucine comuni. Invece tu sei un grande fan di uno strumento di uso quotidiano come il frullatore. Lo usi tantissimo nella tua cucina. Giovedì prossimo alle 18 terrai uno showcooking gratuito presso l'Official Store De'Longhi in via Borgogna 8. Da cosa deriva questa passione?

«Io uso il frullatore nella mia cucina da venticinque anni. È uno strumento perfetto per creare fondi e pesti che utilizzo tanto per i primi piatti (pasta, riso, cous cous) quanto per altre preparazioni».

Uno strumento particolarmente per te che hai abolito l'aglio e la cipolla dalla tua cucina...

«Certo, bisogna inventarsi delle alternative. Ma bada, per me il frullatore non è semplicemente un facilitatore, ma uno strumento estremamente versatile».

Però è indubbio che si tratta di uno strumento che facilita la vita in cucina.

«Guarda, io al Cous cous fest di San Vito Lo Capo ho fatto decine di piatti per centinaia di persone e senza un frullatore potente non so come avrei fatto. Però io il frullatore lo suo anche quando sono in barca».

Ci dài una ricetta?

«Con pomodorini, lime, capperi, olio buono, mandorle tostate viene fuori un pesto incredibile».

E di dolce?

«Mele, cannella, fico d'India, menta, mandorle tostate e lime. E via. Una salsa buonissima».

Gli ingredienti vanno messi in un ordine preciso?

«L'ordine non ha importanza, io vado a sentimento».

Fatelo anche voi.

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