Io, nella Nord con la paura

Preziosi vaff... sì, Preziosi vaff... no. C'è chi a quel paese, il presidente del Genoa lo ha già mandato, chi lo manderà, chi non lo farà mai ma anche chi è stato costretto a mandarcelo. Tutto questo è avvenuto ieri in gradinata Nord dove io, irriducibile tifoso rossoblù, non ho vissuto una giornata di sport. Che la tifoseria stesse covando qualche iniziativa di protesta era facilmente previdibile e tutti in torno a me lo hanno intuito fin dall’inizio. I megafoni non erano in mano agli uomini di sempre ma agli uomini più accesi della «Brigata Speloncia». Maglietta nera e cuore politicamente rosso come distintivo, braccia possenti e una buona dose di aggressività verbale subito evidente per far capire che in gradinata avrebbero comandato loro.
All’inizio tutto sembrava apparentemente normale: incitamento alla squadra e i soliti cori che dovevano coprire la voce della nostra delusione repressa per tutto questo campionato di serie C. Tutto fino al momento del 2-0 quando molti, giustamente o ingiustamente, hanno incominciato ad attaccare la dirigenza di questo vecchio più che mai balordo grifone. Prima è il turno per l’ormai ex direttore generale Fabiani, poi non troppo a sorpresa, è la volta del presidente Preziosi. Un primo «Preziosi vaff...» che pesa come un macigno, che mi fa paura. Non tutti sono d’accordo: arrivano i primi fischi, non solo dai distinti ma anche da qui, dal cuore della Nord. Una Nord che ora fischia e si fischia. Ma questo gli uomini con la maglietta nera non lo hanno permesso e hanno dato vita a una sconcertante missione punitiva. Una quindicina di persone con il bicipite in prima linea e una giugulare pulsante hanno incominciato a spostarsi nella direzione dei fischi, prima lato tribuna, poi il parter, via su fino alla gradinata superiore e infine lato distinti, vicini sempre più vicini a me. E via con il solito Preziosi vaff... per controllare chi cantava, chi faceva finta, chi taceva. Nessuno stava più guardando la partita. Tutti seguivamo attentamente gli spostamenti dei nostri «leader» e stavamo attenti a non fare errori. Avevamo paura di beccarci qualche scazzottata. Il prezzo per il silenzio era incerto e siccome la paura fa novanta, quel Preziosi vaff... molti lo hanno dovuto cantare contro voglia. Persino due bambini vicino a me, spaventati, hanno mosso le labbra per unirsi al coro: tre uomini in nero li stavano fissando biechi, pronti alla violenza. Solo paura dove avrebbe dovuto esserci solo calcio e tifo. Molti provano a manifestare la propria libertà fischiando non appena gli intimidatori giravano le spalle a caccia di altri dissidenti. Un controllo che non ha risparmiato nessuno: anziani, signore, bambini e neppure due ragazze poco più che ventenni.

Sono lì, vicino a me, hanno fischiato e per questo le hanno malmenate. Loro gridano, si dimenano, la gente vicino interviene: «Sono ragazze, lasciatele in pace!». Ho la tessera della Nord in tasca. Quasi quasi mi chiedo perché.

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