In Francia ha appena pubblicato un libro-intervista, «De la difficulté dévoquer Dieu dans un monde qui pense ne pas en avoir besoin», considerato dai più autorevoli quotidiani dOltralpe come unautocandidatura al papato e associato ad allarmanti quanto infondate voci sulla salute di Benedetto XVI. Oscar Rodriguez Maradiaga, 65 anni, arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras, presidente di Caritas internazionale, è un salesiano abituato a parlare con franchezza. In questa intervista al Giornale lamenta la poca presenza della Chiesa latinoamericana a Roma, chiede maggiore collegialità nella nomina dei vescovi, ma smentisce di considerarsi «papabile» spiegando che le sue parole rilanciate oggi in chiave anti-Ratzinger erano in realtà datate 2004, cioè alla fine del pontificato wojtyliano.
Il libro è stato letto come unautocandidatura. Si sente «papabile»?
«È uninterpretazione sbagliata. Il libro contiene interviste concesse in tempi diversi. Ho acconsentito che si pubblicassero pensando di fare del bene a qualche lettore distante dalla Chiesa. In nessun momento mi sono sentito papabile. Ho molto da fare nel mio amato Honduras, non ho mai pensato a unautocandidatura. Chi lo crede fa cattivi pensieri».
Lei sostiene che sarebbe il momento di un Papa dellAmerica Latina o del Terzo Mondo. Conferma?
«Le mie erano affermazioni del 2004. Certamente arriverà il giorno di un Papa venuto dal Sud, così come ce nè stato uno venuto dallEst. I Paesi sviluppati non sanno veramente che cosa sia la povertà. Non si tratta di cifre e di numeri, ma di persone che soffrono».
Lei afferma che lAmerica Latina è poco rappresentata nella Curia romana e critica il fatto che tutta lattenzione della Chiesa sia oggi puntata sul rapporto con lislam. Perché?
«Non si tratta di un pensiero solo mio. È condiviso da moltissimi pastori che vivono nel nostro Continente. Cè lAnnuario Pontificio per constatare quale sia la presenza dellAmerica Latina a Roma. Per quanto riguarda lislam, in America Latina non è quasi presente...».
La Chiesa cattolica, a suo avviso, è troppo «europea»?
«Questa affermazione non corrisponde al mio modo di pensare. La Chiesa è cattolica proprio perché è universale. Però, in molti aspetti, lorganizzazione centrale della Chiesa pensa e guarda al mondo soltanto con occhi europei».
Nel libro lei parla di «nuove regole per governare e per eleggere i vescovi». Quali nuove regole vorrebbe?
«Il giornalista che mi ha intervistato in qualche caso non ha compreso bene il mio pensiero. Non ho parlato di nuove regole, ma piuttosto di una maggiore partecipazione delle conferenze episcopali nelle nomine dei vescovi. A volte i membri della Congregazione vaticana dei vescovi non conoscono la realtà dei diversi continenti. È un discorso lungo, che non si può riassumere in unintervista, però in diverse parti del mondo ho avvertito che cè il desiderio di una maggiore partecipazione».
Certe parole del libro, a soli tre anni dallelezione di Benedetto XVI, sono sembrate riaprire la discussione sul futuro conclave. Non lo crede prematuro?
«Le ripeto che sono frasi che ho detto nel 2004. Credo che sia facile manipolare le parole quando lintervistato sta oltreoceano e non può chiarire. Perciò le sono grato di questa opportunità. Io sono molto felice per il magistero e la guida di Benedetto XVI, non penso affatto a un futuro conclave. Nella nostra America Latina abbiamo tanto lavoro da compiere per levangelizzazione, non cè tempo per certe speculazioni. Chi specula, non ci conosce. E a volte si tratta di persone che non hanno di meglio da fare».
Come giudica i viaggi del Papa in Brasile nel 2007 e quello recente negli Usa?
«Entrambi hanno avuto un buon esito.
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