Economia

«Io presidente Fiat? È ancora presto»

La svolta da leader di Jaki e la piena libertà d’azione di Marchionne

Pierluigi Bonora

da Milano

È il momento di John Elkann. Due giornali internazionali come il Time e il Wall Street Journal hanno puntato sul giovane vicepresidente della Fiat per affrontare, nei propri articoli, il futuro del Lingotto nell’ottica del capitalismo familiare in Europa. Il nipote dell’Avvocato, l’erede che più di ogni altro «pesa» per l’avvenire del gruppo, è destinato nei prossimi anni a sedere sulla poltrona occupata ora dal suo «tutor» Luca Cordero di Montezemolo. Quando? «È ancora presto per parlarne», risponde Elkann al Giornale dopo un breve incontro con il presidente della Fiat, a Milano per l’assemblea di Federacciai. E un ruolo di primo piano nella cassaforte di famiglia Ifi? «Vale le stesso discorso - aggiunge -, del resto abbiamo appena rinnovato in entrambi i casi le cariche».
Vicepresidente della Fiat da tre anni e da alcuni mesi anche della holding Ifil, che con il 30,06% controlla il Lingotto, il trentenne figlio di Margherita Agnelli e Alain Elkann sembra avere iniziato le prove generali in vista dei nuovi importanti incarichi che lo attendono. E ad accorgersene è stata pure la stampa internazionale, grazie anche alla fermezza con cui il giovane top manager ha affrontato lo scandalo che ha travolto la Juventus, uno dei beni a cui la famiglia Agnelli è più attaccata. «Il nuovo capofamiglia della dinastia degli Agnelli sta allargando le ali», scrive di lui il Time che, però, non perde di vista i contrasti all’interno della famiglia. «Ora più che mai - osserva la rivista americana - il futuro della dinastia sarà ancorato al maggiore degli Elkann, ma non sarà sempre una navigazione in acque tranquille alla luce delle divergenze con il cugino Andrea Agnelli. John, però, insiste nel dire che il suo obiettivo è quello di far convergere tutti, facendo proprio il motto di nonno Gianni: “La leadership si ottiene con il consenso”».
Una serie di dichiarazioni che fa capire come Jaki abbia improvvisamente preso coscienza sul proprio ruolo di leader nel Gruppo Fiat e nella famiglia: abbandonata ogni timidezza, oggi risponde con la sicurezza del top manager e dell’erede indiscusso.
A questa svolta si lega anche il nuovo atteggiamento di Sergio Marchionne. Da quando la Fiat ha imboccato concretamente la via del risanamento, sono sempre più evidenti i segnali che l’amministratore delegato del Lingotto gode della piena fiducia degli Agnelli. Non è un caso che proprio Marchionne stia trattando la cessione della quota torinese in Mediobanca, partecipazione che nella famiglia è vissuta soprattutto come legame affettivo.
Altrettanto significativa è la recente uscita del top manager sulla Ferrari: «Vale almeno 5 miliardi», precedendo di fatto la dichiarazione sull’argomento di Montezemolo («Se mi offrissero 6 miliardi? Gliene chiedo 7 e, se accettano, sarei in difficoltà; Marchionne è stato, come sempre, realistico e quasi prudente nel valore»). Piena libertà d’azione per Marchionne, dunque, anche sul tema più caro al presidente della Fiat e dello stesso Cavallino rampante.

È la dimostrazione che a Torino la svolta è proprio a 360 gradi.

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