Ci tenevo a partecipare alle Primarie del Pd. Ma non sapevo chi scegliere. Così alla fine potrei aver votato tutti e tre - una scheda ciascuno a Marino, Franceschini e Bersani. Oppure non ho scelto nessuno: il voto è segreto, non lo posso dire. Però ho votato tre volte, questo è sicuro: ho attaccato al computer la molletta verde con le tre ricevute staccate ieri mattina a Sesto San Giovanni. Numeri 40, 89 e 116.
Questa è la (ex) Stalingrado dItalia. Neanche tanti anni fa qui il Pci furoreggiava sullonda del voto operaio. E nonostante i rovesci politico-elettorali qualche residuo di quellepopea ancora è rimasto, con un Pd che alle Provinciali ha comunque incassato un voto su tre, in dote a quel Filippo Penati che dalla «trionfale sconfitta» di giugno ha spiccato il volo verso il congresso nazionale: coordinatore del favorito, lex ministro Pierluigi Bersani.
Davanti al circolo «Nilde Iotti» di via Gorizia - zona Marelli - alle 11 e 35 cè una piccola coda. La giornata è assolata. Anziani, qualche giovane, un pezzo del famoso «ceto medio riflessivo». Una ragazza con stivali, occhiali da sole e jeans attillati si stupisce: «Cè fila?». «Buon segno, no?» osservo entusiasta. «Dipende da chi votano» mi gela lei, ben poco ecumenica: lo scontro stavolta è vero, allultimo voto. È giusto non intestardirsi troppo con le regole. Davanti cè unelettrice residente a Como che sta cambiando residenza: «Sì, facciamola votare, ma prendi il domicilio». La cosa mi rincuora perché non ho la residenza a Sesto né la tessera elettorale che è necessaria per partecipare. Essendo iscritto allanagrafe di unaltra città avrei dovuto registrarmi prima. Sarebbe bastata una mail ma non lho fatto. Lo scrutatore però non fa problemi: prende gli estremi della patente e via: infilo le mie schede nellurna. Una per la segreteria nazionale, laltra per la regionale. «Grazie, buongiorno». Ho dimenticato perfino di lasciare lobolo, i due euro.
Fra una via Marx e viale Gramsci, trovo rifugio in una via Boccaccio. Dentro un centro sportivo ci sono le bandiere del Pd. È lora di pranzo, cè meno fretta, i volontari che dedicano al partito una domenica intera sono molto motivati. La ragazza è cordiale: «Lei non è residente nel Comune?». «No, non sapevo...». «Prendi il domicilio», taglia corto il ragazzo. «Vuole lasciare il contributo?», chiede. «Va bene». Due euro. Appena fuori dal centro che ospita il seggio due militanti assicurano che non siamo lontani dallaffluenza del 2007, quella delle primarie-plebiscito per Veltroni. Ma stavolta ci sono in ballo anche candidati regionali e locali. «Certo, allora si votava solo per il segretario, il partito non cera ancora». «Perché ora cè?» la freddura di un terzo, che lavora lì.
Lascio i due militanti a ragionare su pregi e difetti della linea democratica, e sulla via del ritorno mimbatto nel seggio di piazza Oldrini, nella sede del quartiere 1. Entro. «Dove risiede?». «Provincia di Livorno». Città di «compagni», deve suonare come una garanzia. E forse omaggiando Togliatti, Bordiga e la mitica scissione del 1921, gli scrutatori applicano una ragionevole deroga: «Non si potrebbe, però...». Scheda e matita. Tiro fuori altri due euro. Siamo a quattro.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.