"Io al teatro San Babila con un salotto tra parole e musica"

Il soprano Katia Ricciarelli in scena con il tenore Zingariello e il cantautore Drosi: "Una pièce sull'uomo"

"Io al teatro San Babila con un salotto tra parole e musica"
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Oggi al Teatro San Babila dalle ore 20 un interessante spettacolo di musica e parole. Ci sarà il trio Katia Ricciarelli, Drosi, Zingariello. Il gruppo porta in scena «Noi Tour», progetto che si basa sulle canzoni, testo e musica del cantautore Francesco Drosi. A poche ore dall'evento, il noto soprano Katia Ricciarelli ha accettato di rispondere a qualche domanda.

Katia Ricciarelli, uno spettacolo a metà strada tra il canto e il teatro...

«Non ho mai mollato il teatro, mi piace moltissimo recitare. Lo spettacolo è un misto di cose, tutto è nato poco prima della pandemia».

Di che cosa si parla?

«Cantiamo, evidenziamo quello che stiamo vivendo e quello che possiamo fare per migliorare noi stessi. Dobbiamo interessarci anche del prossimo».

In scena con lei?

«Il cantautore Drosi e un mio ex allievo, il tenore Francesco Zingariello. Faremo un po' di musica, dialogando con il pubblico. Parlare con gli spettatori è una cosa che va fatta più spesso, per capire tutti insieme il perché delle cose».

Per esempio?

«Oltre alla solidarietà, anche la guerra. C'è la canzone che abbiamo già registrato, «I due Franceschi e io», dedicata al conflitto».

Insomma vi occupate dell'uomo, tra qualità e debolezze...

«Noi esseri umani abbiamo tante qualità, bisogna tirarle fuori. Nella mia vita ho sempre cercato di andare d'accordo con tutti, poi certo, quando mi girano... (ride divertita)».

Forse l'emergenza ci ha un po' cambiati...

«Sembra strano ma siamo diventati un pochino più menefreghisti. Forse pensiamo di più al nostro orticello».

Parliamo di lei, una vita da romanzo, o no?

«Ho fatto tante cose, lavoro e viaggio. Tra i miei ricordi ci sono anche alcuni posti strani dove ho cantato, per esempio tra le botti di una cantina».

Il potere della musica...

«Ho una sorella, Anna. Un giorno sono andata a trovarla dove è ricoverata e mi è venuto in mente di intonare una canzone di Little Richard che cantavamo, lei si è messa a ballare e cantare».

E l'Opera nei teatri?

«Quella non la faccio più. C'è una cosa che occorre ricordare a tutti. Lo strumento che noi abbiamo, la voce, è incorporato in noi stessi, e col tempo subisce cambiamenti. E quindi bisogna avere l'accortezza di fare altro. Appena posso insegno con piacere ai giovani».

Meglio la dimensione attuale.

«Abbiamo questo concerto che ora vogliamo portare in giro. È una specie di salotto. Un incontro con persone che hanno l'occasione di chiedere delle cose».

Chiudiamo con un ricordo che resterà sempre.

«Quando mia mamma veniva a sentirmi, era orgogliosa. Tutti dicevano ah ma questa è la nuova Callas, la nuova Tebaldi. E lei si arrabbiava dicendo questa l'ho creata io».

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