Roberto Bonizzi
Maurizio Leone è uno dei cambia valuta più vecchi di Milano. Un negozio in via Cesare Cantù, nella ragnatela dei vicoli del centro, tra via Orefici e via Spadari. La Cambival è aperta da 60 anni. «Unattività avviata da mio zio dopo la seconda guerra mondiale. Insieme a Urgnani siamo i cambia valuta storici di Milano, lui è aperto da 70 anni» spiega il titolare. E, dopo la liberalizzazione del mercato voluta dallUnione Europea e larrivo della moneta unica, anche gli unici sportelli a non praticare commissioni e spese fisse (Urgnani chiede un euro per le transazioni sotto i 200 dollari). Leone usa ancora la lavagna, di ardesia nera, e il gessetto bianco per aggiornare le quotazioni delle valute in tempo reale. «Ho in listino 33 monete. Per riuscire a essere competitivi con le multinazionali del cambio bisogna puntare anche sulla valuta di Turchia, Tunisia e Marocco. La lavagna elettronica con così tante caselle non esiste e io mi aggiusto a mano».
Da quando è cambiato il mercato dei cambia valuta?
«Dal 1999. Il controllo è passato dalla Banca dItalia allUfficio italiano cambi. LUnione Europea ha liberalizzato il settore, eliminando tetti per spese e commissioni, e anche in Italia sono arrivati i colossi che si possono permettere gli sportelli nelle vie e nelle piazze più in vista per i turisti. Gli uffici restano aperti 24 ore su 24, festivi compresi, quindi i costi di gestione, e di conseguenza le spese per il cliente, aumentano. Ma possono farlo, non ci sono regole».
Come sopravvivono gli esercizi storici?
«Per fortuna abbiamo la nostra clientela che torna da anni, sempre qui. Ci conoscono, sanno che non applichiamo costi fissi e commissioni, quindi ci preferiscono. Certo non ci trovano in ogni angolo della città, ma sanno dove cercarci».
Quindi la clientela è fissa?
«In parte sì. Poi cè il giro degli alberghi di Milano. Molti hotel non hanno lufficio interno per il cambio della valuta e quindi mandano da noi i loro clienti. Sanno che pratichiamo prezzi abbordabili anche per operazioni di poco conto».
Chi sono i clienti tipo?
«Ultimamente i russi. Arrivano in Italia con fasci di dollari da cambiare per fare acquisti. E poi cè il mercato dellEst. Soprattutto i giapponesi. Ma con leuro stanno scomparendo anche loro. Una volta arrivavano in Europa carichi di dollari da cambiare. Non si fermavano solo in un Paese, venivano per un tour. Se cambiavano tutto il malloppo qui si facevano davvero buoni affari».
Negli anni è cambiata molto la professione?
«Adesso si fa tutto con il computer e con il passaggio allUic molti obblighi sono venuti meno. Io, come Urgnani, ma siamo in pochi, usiamo ancora il borderò di due colori, in entrata e in uscita, come una volta».
Cosa ne pensa delle multinazionali del cambio?
«Il mercato è libero.
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