da Urbino
Alleva asini, produce vino. Adora far bisboccia, ma quando cè da pedalare lo fa con il rigore di un monaco tibetano. Marzio Bruseghin si definisce un contadino del pedale, un «bascoveneto», «perché come loro io ho lorgoglio delle mie origini, della mia terra. Amo il bello e il buono, e in questo cè larmonia della terra e il piacere dellenogastronomia». La sua parlata è un marchio di fabbrica, la sua intelligenza un condensato di saggezza. «Ho abbracciato il percorso e ho capito subito che sarei andato daccordo con lui», dice questo faticatore del pedale di quasi 34 anni, professionista da dodici, con al suo attivo tre vittorie, tutte ottenute in prove contro il tempo, due al Giro.
Festeggia a modo suo, Marzio. Con spumante italiano e un bicchiere portafortuna. «Ha solo il gambo ma è privo di base, perché quando è pieno lo si deve solo bere: perché appoggiarlo?... È il mio portafortuna, e ci ho fatto incidere amets che nella lingua basca significa sogno. Il mio sogno era fare il contadino. Io grazie al ciclismo posso farlo. Ho quattro ettari di terra e produco 12mila bottiglie di prosecco allanno: lamets appunto».
Gli chiedono se la carica, come ha ammesso il suo team manager Beppe Saronni, sia arrivata anche da quel brutto voto (4,5) dato dalla Gazzetta. «Dimostrare che sappiamo fare il nostro dovere era importante, ho vinto un po per tutti. Almeno il sei politico ce lo meritavamo». E adesso? «Adesso si vive alla giornata. Sulle montagne sarà per me una guerra...». Il sogno? «LOlimpiade di Pechino». La dedica? «Ai miei compagni di squadra, ai miei meccanici e massaggiatori».
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