Il governo iracheno ha preso contatti con l'industria nucleare francese per ricostruire almeno uno dei due reattori distrutti durante la prima guerra del Golfo, nel 1991. Ma non solo. L'Irak - riferiva ieri il quotidiano britannico Guardian - ha avvicinato l'Onu e l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) e ha chiesto di trovare un modo per aggirare la risoluzione che gli vieta l'ingresso al club nucleare. Una posizione, quella del governo iracheno, che suscita non pochi interrogativi.
«Stiamo cooperando con l'Aiea - ha confermato al giornale Raid Fahmi, ministro della Scienza e della Tecnologia iracheno - per definire e allargare le aree di ricerca in cui poter utilizzare tecnologia nucleare per scopi pacifici». «Dopo che il regime si è disciolto - ha proseguito - ci siamo ritrovati senza un'industria nucleare ma, allo stesso tempo, ci siamo progressivamente resi conto di quanto sia necessaria questa tecnologia. Abbiamo dunque sollevato la questione con gli organismi competenti». Fahmi ha sottolineato come l'Irak sia interessato al nucleare «esclusivamente per scopi pacifici», principalmente nei settori della «sanità, dell'agricoltura e del trattamento delle acque».
«Il governo iracheno - scrive il Guardian - non è in grado di soddisfare le necessità dei suoi cittadini, che sono serviti da reti elettriche e idriche antiquate. Anche la maggior parte dei servizi, compreso scienza e tecnologia, sono insufficienti». Ma visti i problemi di sicurezza ancora presenti nel Paese, la prospettiva di un Irak nucleare presenta molti interrogativi.
Materiale radioattivo prodotto in passato in Irak, saccheggiato sei anni fa presso il centro di ricerca Tuwaitha, che si trova nella periferia di Bagdad, manca tutt'oggi all'appello.
Il problema, però, non è solo il possibile futuro nucleare dell'Irak. È anche il suo presente. L'Aiea e gli scienziati iracheni stanno infatti lavorando assieme al programma di smaltimento delle scorie nucleari del Paese, che possedeva tre reattori, noti come Tamuz 1, Tamuz 2 e Tamuz 14. Tutti e tre sono stati abbattuti nel corso del tempo da blitz alleati o israeliani. Risultato: «Abbiamo perso il controllo e si sono verificati molti saccheggi», ha detto Adnan Jarjies, ingegnere nucleare presso uno dei siti - che ancora possiede parte dell'originale centro ricerca. «Dopo il 1991 - ha detto ancora - gli ispettori dell'Onu sono venuti a controllare il centro 4/5 volte all'anno ed è sempre stato garantito loro l'accesso».
Sulle ambizioni nucleari dell'Irak pesano come un macigno le risoluzioni dell'Onu.
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