Erica Orsini
da Londra
«Caro mister Blair, è tutta colpa sua». I toni della lettera naturalmente sono più diplomatici, ma la sostanza resta questa. Alcuni tra i più autorevoli rappresentanti della comunità islamica in Gran Bretagna si sono rivolti ieri al primo ministro con una lettera aperta in cui chiedono al governo di cambiare le proprie posizioni in politica estera. Un messaggio breve, ma chiarissimo, fatto pubblicare a pagamento sulle pagine dei maggiori quotidiani nazionali con parole gentili, ma inequivocabili, pesanti come pietre soprattutto dopo la grande paura di questi ultimi giorni.
«Come musulmani britannici Le chiediamo di fare di più per combattere tutti coloro che prendono di mira i civili in modo violento, in ogni momento e dovunque ciò si verifichi. È nostra opinione - scrivono tre parlamentari, due lord, una baronessa e 38 gruppi di firmatari - che l'attuale politica governativa stia mettendo in pericolo la vita dei civili aumentando i rischi sia in Gran Bretagna che all'estero». Impossibile non intuire fin dalla prime righe una nota di biasimo nei confronti dell'esecutivo per una politica estera che, secondo i parlamentari, non ha fatto che infiammare gli animi già esacerbati. «Per combattere il terrorismo - si spiegano meglio - il governo ha focalizzato i suoi sforzi nell'ambito della legislazione nazionale, ma non può ignorare il ruolo delle sue posizioni in politica estera».
Gli autori della lettera non fanno mistero della loro visione delle cose. «La débâcle in Irak - precisano - e ora il fallimento delle azioni per assicurare una fine immediata agli attacchi ai civili in Medio Oriente non solo incrementano i rischi per le persone in quelle regioni, ma sono un incitamento per gli estremisti che ci minacciano tutti». I rappresentanti islamici concludono sottolineando che l'attacco ai civili «non è mai giustificato» e che il loro messaggio è rivolto a tutti. Un po di più però al governo inglese e a Blair, «colpevole» di aver gettato benzina sul fuoco del fanatismo. Secca la replica del governo. Si tratta di «accuse pericolose e insensate», ha detto il ministro dei Trasporti Douglas Alexander. «Rivolgete le accuse ai responsabili, alle persone che arbitrariamente vogliono prendere vite innocenti», ha dichiarato il ministro degli Esteri, la signora Margaret Beckett.
Il portavoce di Blair ha comunque fatto sapere che il premier è pronto a incontrare i rappresentanti della comunità islamica non appena sarà di ritorno dalle vacanze che sta trascorrendo ai Caraibi. E proprio su questa sua permanenza all'estero, si sta interrogando in questi giorni frenetici e turbolenti metà del Paese. La valenza e il significato politico di questa sua prolungata assenza, a dispetto della gravità dell'attuale situazione, non sono certo passati inosservati. E le foto di Tony e Cherie, ripresi sorridenti sulla barca di amici hanno campeggiato - eloquenti più di qualsiasi commento critico - sulle prime pagine di molti giornali.
Il ministro degli Interni John Reid ha sottolineato ieri che il livello d'allerta rimane alto e che nessuno si siederà sugli allori dopo il successo ottenuto con l'operazione di giovedì. «La minaccia del terrorismo rimane, anche se abbiamo arrestato i protagonisti principali del piano terroristico», ha spiegato il ministro. Nessuno inoltre dimentica che restano liberi cinque presunti attentatori.
Un monito confermato anche dalle parole pronunciate ieri dal presidente americano George W.Bush. «Riteniamo che gli arresti di questa settimana abbiano inferto un colpo significativo alla minaccia terroristica - ha detto Bush nel suo discorso radiofonico del sabato - eppure non si può essere certi che questa sia stata eliminata. Ad ogni modo - ha aggiunto - finora i terroristi sono riusciti solo una volta a conseguire il loro obiettivo di compiere una strage, mentre noi siamo riusciti a fermarli tutte le altre volte». Il presidente ha inoltre rispedito al mittente le accuse dei democratici secondo i quali la Casa Bianca sta sfruttando il nuovo allarme e la paura di ulteriori attentati in vista delle elezioni di novembre per il Congresso.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.