Israele: eliminate i vertici di Hamas

Nuovo raid aereo fuori bersaglio a Gaza: uccisi una donna incinta e suo fratello

Gian Micalessin

Scomparsi, dissolti, riparati in luoghi coperti e sicuri. La dirigenza di Hamas si è eclissata. Non parla il premier Ismail Hanyeh, non si vede il ministro degli Esteri, Mahmoud Zahar, non si presenta in ufficio quello degli Interni, Siad Siam. In compenso le loro sagome stilizzate campeggiano sulle pagine di Yediot Ahronot. Secondo il quotidiano più letto d’Israele i tre ministri di Hamas sono in testa alla lista dei personaggi da eliminare in caso di continuazione degli attacchi con i missili Qassam.
In attesa di colpire il bersaglio grosso, l’esercito israeliano continua a commettere tragici e inspiegabili errori: ieri, per la seconda volta in due giorni, un missile ha mancato il furgone di un gruppo di militanti. L’ordigno ha centrato in pieno un’abitazione civile di Khan Younis, nella Striscia di Gaza, uccidendo Fatima El Barbari, una donna incinta, e suo fratello, il medico 45enne Zakariya Ahmed, arrivato in visita dall’Arabia Saudita dove viveva. Il missile esploso nella cucina, durante la cena di benvenuto, ha ferito quattordici persone tra cui donne e almeno tre bimbi. L’ennesimo scialo di vite innocenti segue l’uccisione di sette civili nell’attacco del 13 giugno a un furgone di razzi katyusha e la morte di tre bambini colpiti, martedì, da un missile che ha solo ferito due componenti del commando delle Brigate Martiri di Al Aqsa a cui era destinato.
Gli errori potrebbero essere la conseguenza dell’utilizzo d’aerei telecomandati al posto degli elicotteri Apache. La loro telecamera non consente di valutare l’esatta situazione intorno all’obbiettivo mentre il sistema di puntamento non garantisce un perfetto “aggancio” di obbiettivi in movimento. I generali israeliani attribuiscono ogni responsabilità ai militanti palestinesi accusati di muoversi deliberatamente in zone fittamente popolate per evitare gli attacchi. La commissione militare incaricata di indagare sulla strage della spiaggia del 9 giugno scorso, costata la vita a sette civili palestinesi, ha respinto, intanto, ogni responsabilità israeliana attribuendo la colpa a un ordigno di Hamas o a un proiettile inesploso.
La lista degli esponenti fondamentalisti pronti per l’eliminazione comprende - oltre ai tre ministri - due comandanti militari di Hamas (Mohammed Jaabari e Ahmed Jondur), un comandante militare della Jihad islamica (Ezzedin Abdel-Al), un dirigente dei Comitati di resistenza popolare (Abu Abir) e un dirigente politico della Jihad islamica, Mohammed al-Hindi. L’elenco, preparato dagli esperti dello Shin Bet e dell’Intelligence militare, è stato discusso e approvato, secondo il quotidiano Maariv, anche dal ministro della Difesa Amir Peretz.
Haniyeh, Siam e Zahar sanno bene che c’è poco da scherzare. Il ministro degli Esteri palestinese perse, nel 2003, il figlio adolescente dilaniato da una bomba destinata a lui. Haniyeh lo stesso anno uscì incolume assieme a tutta la dirigenza fondamentalista da un palazzo raso al suolo in un primo fallito tentativo di decapitare Hamas. Siam da sempre vive e si muove con la circospezione di un condannato in libertà vigilata. I timori e le voci di una rappresaglia devastante si fanno strada a poco a poco anche tra i palestinesi. Il più allarmato è Saeb Erakat, il negoziatore promosso alla corte dei consiglieri del presidente Abu Mazen: prevede giorni cupi e invoca la mediazione di Egitto e Giordania per disinnescare «una situazione molto pericolosa» e raggiungere una «reciproca sospensione delle violenze».
«Secondo i dati in mio possesso, Israele si accinge a compiere una grande aggressione le cui uniche conseguenze sarebbero violenza, caos ed estremismo», ha detto ieri Erekat.

Secondo l’ex ministro per i Rapporti con Israele, il progressivo deterioramento della situazione e le operazioni israeliane rendono più difficile un incontro tra Mazen e il premier israeliano Ehud Olmert entrambi invitati da re Abdallah di Giordania a una cerimonia fissata per oggi a Petra.

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