È la fine dell’era di Ehud Olmert, il leader israeliano che ha guidato Israele dal gennaio 2006 nel solco dell’eredità di Ariel Sharon. Il premier ha detto ieri - in una conferenza stampa nella sua casa di Gerusalemme - che non si candiderà alle primarie del suo partito, Kadima, in settembre. La prossima guida del movimento formerà un governo e a quel punto Olmert metterà fine alla sua carriera politica, dimettendosi.
Il premier lascia sotto la pressione dell’opposizione, dei laburisti, alleati nella coalizione di governo e dei membri del suo stesso partito: contro di lui, infatti, sono aperte due inchieste per corruzione. Il leader ha detto che comunque, finché sarà al potere, s’impegnerà nella ricerca della pace, «il sentiero più importante per il paese».
Ehud Olmert è sopravvissuto a colpi che pochi altri politici sarebbero stati in grado di reggere: ha resistito per mesi non soltanto alle inchieste giudiziarie. Il suo esecutivo è uscito ferito ma indenne da 34 giorni di conflitto con Hezbollah, nell’estate del 2006, e da mesi di critiche sulla gestione della guerra, culminati nella pubblicazione in due fasi del rapporto Winograd, che accusa i vertici di mancanza di piani e giudizio.
È anche sopravvissuto ai quotidiani lanci di Qassam sulle cittadine del sud del Paese. I razzi partono da Gaza, oggi in mano agli estremisti di Hamas dopo essere stata evacuata dal suo predecessore Sharon, sulla cui visione Olmert ha fatto campagna elettorale. E proprio martedì, su quella stessa eredità, la ministra degli Esteri Tzipi Livni, in un’intervista, si è candidata alle primarie lanciando la sua sfida al premier, accompagnata dal «gruppo del ranch»: i consiglieri più stretti di Sharon ai tempi dei soggiorni nella sua fattoria del Negev. Livni è la candidata più quotata alle primarie, seguita da Shaul Mofaz, ministro dei Trasporti. Ma, nonostante l’annuncio di ieri, dice al Giornale l’editorialista del quotidiano Haaretz, Akiva Eldar, Olmert potrebbe non uscire di scena per i prossimi 3-6 mesi.
Se il nuovo leader del partito non riuscisse a formare un governo (i laburisti di Ehud Barak o altri gruppi potrebbero non entrare in coalizione) si andrebbe a elezioni e, spiega Eldar, «non prima di marzo: i partiti hanno bisogno di tempo per fare campagna elettorale». Allora, sarà il momento di Benjamin Netanyahu, capo della destra: oggi ha il 36 per cento dei consensi, contro il 24 della signora Livni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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