Gerusalemme - La notizia, scontata, era attesa da settimane, poi da giorni e infine da ore. Questa sera è arrivata: Ehud Olmert si è dimesso dalla carica di primo ministro di Israele e lo ha fatto formalmente, consegnando la lettera di rinuncia nelle mani del capo dello Stato Shimon Peres, che dopo aver ricevuto Olmert stasera ha assicurato di voler affidare a una personalità politica l'incarico per un nuovo governo "il più presto possibile", cosa per cui ha già cominciato le consultazioni.
Le dimissioni di Olmert comportano automaticamente quelle dell'intero esecutivo. Si dà per certo che l'incarico sarà affidato alla signora Tzipi Livni, responsabile degli Esteri. A lei Olmert ha dato oggi la propria benedizione, assicurando che la sosterrà "con ogni mezzo a disposizione" nei suoi sforzi di mettere insieme un nuovo governo. Dopo la vittoria di giovedì scorso alle primarie di Kadima, Livni è succeduta nella guida del partito di maggioranza relativa a Olmert, il quale - dopo essere stato travolto da una serie di scandali, con gravi accuse di corruzione - resta comunque in carica per il disbrigo degli affari correnti. Trattandosi di Israele, in una congiuntura politica ed economica particolarmente delicata come l'attuale, l'interim potrebbe protrarsi a lungo e comportare decisioni anche cruciali. Inoltre, forte anche di un'intesa personale che si è stabilita col leader palestinese Abu Mazen, Olmert ha esplicitamente dichiarato di voler continuare sino a che gli sarà possibile le trattative con l'Authority palestinese. Per Livni la corsa contro il tempo si fa adesso serrata.
Da quando riceverà l'incarico, avrà a disposizione al massimo 42 giorni. Se non avrà successo e se Peres si convincerà che non vi è un'altra figura politica a cui dare il mandato con ragionevole possibilità di successo, il ricorso alle elezioni anticipate, entro 90 giorni, diverrebbe inevitabile. Appare possibile che Peres facendo una maratona notturna riesca a completare entro domani, in un giorno solo, le consultazioni. Domani infatti dovrà partire per New York, dove, su incarico del governo, si rivolgerà all' Assemblea Generale dell'Onu. Il ritorno in patria è previsto a fine settimana. Per la Livni, un'avvocatessa di 50 anni politicamente formatasi nelle file della corrente più moderata del Likud, la destra storica, la strada appare disseminata di trabocchetti, sia nell'ambito della coalizione sia all'esterno di essa. Nessuno dei due principali partiti del governo uscente, il laburista di Ehud Barak e l'ultraortodosso Shas di Eli Ishai, sembra orientato a facilitare il compito di chi aspira a essere una nuova Golda Meir.
Come ha affermato oggi il commentatore Yossi Verter sulle colonne di Haaretz, "a Livni è apparso chiaro da subito che le sarebbe più facile fare una coalizione con il presidente siriano Bashar Assad piuttosto che con Barak", il quale notoriamente non nutre per lei né stima né simpatia. Ma a consolazione della Livni, da qui ad andare alle elezioni anticipate per i laburisti ce ne corre, vista la batosta cui, stando ai sondaggi, sarebbero destinati se ci fossero oggi le elezioni.
Chi invece viene accreditato dai sondaggi di un grande salto in avanti è il Likud, motivo per cui il suo leader Benjamin Netanyahu preme perché si vada al più presto al voto. Ancora una volta, dunque, a fare da ago della bilancia potrebbe essere lo Shas. Difficile farne a meno, per qualsiasi coalizione sia centrista sia di destra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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